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RISARCIMENTO PER IL DIPENDENTE PRECARIO E VITTIMA DI DISCRIMINAZIONE

Il caso trae origine dal ricorso di un lavoratore che, dopo essere stato ripetutamente assunto con contratti a termine dalla Fondazione Teatro di San Carlo di Napoli, si era visto negare il diritto di precedenza nell’assunzione per la stagione successiva. La decisione del datore di lavoro era motivata dal rifiuto del dipendente di sottoscrivere un verbale di conciliazione richiesto dalla Fondazione come condizione per l’assunzione. Il lavoratore, ritenendo questa imposizione una forma di discriminazione, aveva adito il Tribunale di Napoli per far valere i propri diritti.

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NON SALVA IL DATORE DI LAVORO UN DIVIETO NEL DVR

Nel caso di specie, il datore di lavoro di una Srl operante nel settore della lavorazione di prodotti a base di carne viene condannato per il reato di lesione personale colposa in danno di un dipendente incaricato da parte del responsabile della lavorazione di effettuare un’attività discontentamento di alcune pancette solitamente realizzata manualmente attraverso l’ausilio di una macchina scotennatrice.

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L’ I. N. P. S. riguardante il diritto degli eredi di un pensionato deceduto a riscuotere ratei di pensione di vecchiaia non richiesti.

La previa domanda amministrativa, dunque, assurge a "elemento costitutivo del corrispondente diritto" (Cass., sez. lav., 22 novembre 2018, n. 30283, punto 2.1. delle Ragioni della decisione) e non si atteggia come mera condizione dell'azione, rilevante anche quando sopravviene in corso di causa: donde la necessità di presentarla prima dell'instaurazione della lite (Cass., sez. lav., 29 ottobre 2018, n. 27384).

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Le diverse forme di integrazione salariale.

Con la legge 223/91 il legislatore ha voluto alleviare la cassa integrazione guadagni dal peso dei lavoratori eccedentari, ovvero quei lavoratori per i quali sarebbe stato difficile il riassorbimento ,consentendo per questi la risoluzione dei rapporti agevolata con il pagamento di una indennità di mobilità volta ad attenuare le conseguenze economiche e sociali.

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Appalti, scelta del ccnl legata all’attività d’impresa

Sul tema del contratto collettivo applicabile ai dipendenti impiegati nell’appalto ci sono modifiche molto articolate di non facile lettura e interpretazione, che si prestano a un inevitabile e rilevante contenzioso. Peraltro, per alcune disposizioni le stazioni appaltanti avranno moltissime difficoltà ad applicare le nuove norme. Ma andiamo con ordine e analizziamo il testo dell’articolo 11 del codice alla luce delle modifiche previste dall’articolo 2 del decreto correttivo 209/2024, in vigore dal 2025. Nel testo ci sono una conferma e sostanzialmente due novità.

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La responsabilità civile del datore di lavoro nell’ipotesi di infortuni e malattie professionali

La differenza è fondamentale in quanto, mentre per le malattie professionali tabellate il nesso causale tra la attività lavorativa svolta e la malattia è presunto, essendo previsto dalla legge e quindi non necessita di prova specifica in corso di causa, essendo sufficiente per il lavoratore dimostrare l'attività svolta e la sussistenza della malattia, nell'ipotesi di malattia non tabellata il lavoratore ha un onere probatorio gravoso in quanto dovrà dimostrare anche il nesso di causalità tra l'attività lavorativa e la malattia professionale.

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Il debito di sicurezza del committente nei confronti dei dipendenti degli appaltatori.

Il committente, che mantiene la disponibilità dell'ambiente di lavoro, è tenuto ad adottare tutte le misure necessarie per garantire l'integrità e la salute dei lavoratori, inclusi quelli dipendenti dall'impresa appaltatrice. Tra tali obblighi rientrano: fornire un'adeguata informazione ai lavoratori in merito ai potenziali rischi, predisporre le misure necessarie per assicurare la sicurezza degli impianti e collaborare con l'appaltatrice nell'applicazione degli strumenti di protezione e prevenzione dai rischi legati sia all'ambiente di lavoro sia all'attività oggetto dell'appalto. Questo principio è stato ribadito dalla Cassazione nella sentenza del 25 febbraio 2019, n. 5419, che richiama precedenti conformi, tra cui le sentenze n. 19494 del 2009, n. 21694 del 2011 e n. 798 del 2017.

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Anche se il contratto collettivo nazionale non lo prevede, il lavoro domenicale va compensato con una maggiorazione retributiva.

La contrattazione collettiva non abbia previsto espressamente alcuna maggiorazione in forma indennitaria o salariale per i pulitori turnisti operanti presso l'aeroporto di (come osservato dal P.G.) non è qualificabile come conseguenza di una volontà delle parti collettive diretta ad escludere la possibilità di attribuire i vantaggi suppletivi previsti in via generale dall'ordinamento ai lavoratori domenicali; e, per altro verso, la prospettazione da parte dei lavoratori interessati di una serie di disagi e sacrifici incidenti su interessi umani e familiari compromessi dal lavoro domenicale, ha portato i giudici di merito al riconoscimento di maggiorazione del 30% della retribuzione giornaliera per le giornate di lavoro domenicale, essendo emersi, in fatto, la percezione della medesima retribuzione oraria spettante ai lavoratori non turnisti e il godimento del medesimo numero di giorni di riposo settimanale per tutti i dipendenti, turnisti e non, rimanendo così il riposo compensativo, di per sé solo, insufficiente a compensare il disagio dovuto alla prestazione lavorativa in giorno festivo domenicale.

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Sulla valenza del rifiuto del datore di lavoro a ricercare accomodamenti ragionevoli ai fini della valutazione della ricorrenza della buona fede nell’inadempimento del lavoratore rilevante ai sensi dell’art. 1460 c.c.

Premesso ciò, la Corte di Cassazione, accogliendo uno specifico motivo di ricorso, ha rilevato che, nell'applicare l'art. 1460, secondo comma, c.c., secondo cui il lavoratore può rifiutarsi di adempiere alla propria prestazione solo quando tale rifiuto, valutato alla luce delle circostanze del caso concreto, non sia contrario ai principi di buona fede, la Corte d’Appello avrebbe dovuto considerare adeguatamente l'entità dell'inadempimento del datore di lavoro. Questo parametro deve essere esaminato in relazione al complessivo equilibrio di interessi regolati dal contratto e alla concreta incidenza dell'inadempimento datoriale su esigenze fondamentali, sia personali sia familiari, del lavoratore. A tal proposito, la Suprema Corte rimanda a precedenti sentenze sul tema, come Cass. 4404/2022 e Cass. 11408/2018.

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Lavoratore malato può rifiutare il trasferimento?

La Cassazione, con la sentenza n. 21391/2019, ha chiarito che il dipendente non può rifiutare automaticamente un trasferimento, nemmeno nel caso in cui lo consideri illegittimo. Tuttavia, il mancato svolgimento della prestazione lavorativa è considerato legittimo se il trasferimento comporta per il lavoratore un grave o irreparabile danno, come nel caso di chi necessita di cure salvavita quotidiane, ad esempio un dipendente affetto da cancro. In tali situazioni, il rifiuto non viola i principi di buona fede.

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