Oltre le sei ore di lavoro: il buono pasto diventa un diritto soggettivo, non un benefit discrezionale
Quando la prestazione lavorativa supera le sei ore, il diritto al pasto – e, in mancanza di mensa, al buono pasto sostitutivo – non è più una concessione aziendale, ma un obbligo di legge. Lo ha ribadito con forza la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 25525/2025, riconoscendo tale diritto anche ai lavoratori turnisti del settore sanitario. La norma di riferimento è l’articolo 8 del D.L. 66/2003, che prevede un intervallo per la consumazione del pasto ogni volta che l’orario eccede le sei ore, senza distinzioni tra tipologie di contratto o orari. Anche i dipendenti part-time possono beneficiarne nei giorni in cui lavorano, anche senza pausa pranzo formalizzata, purché la prestazione effettiva superi la soglia legale. Il buono pasto, dunque, cessa di essere un semplice benefit per diventare uno strumento di attuazione di un diritto fondamentale del lavoratore.

