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Bonus Mamme 2025: fino a 480 euro per le lavoratrici con almeno due figli – ecco chi può richiederlo e come fare

Il Bonus Mamme 2025 è un contributo economico introdotto dal decreto-legge n. 95/2025 e disciplinato dall’INPS con la circolare n. 139 del 28 ottobre 2025. Si tratta di un sostegno mensile di 40 euro (fino a 480 euro annui), esentasse e non rilevante ai fini ISEE, destinato alle lavoratrici con almeno due figli e un reddito annuo da lavoro non superiore a 40.000 euro.

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La tredicesima 2025? Sarà come quella del 2023: pienamente tassata e senza bonus

La tredicesima del 2025 sarà pienamente tassata, identica a quella del 2023, senza alcuna forma di detassazione o bonus aggiuntivo. Nonostante le promesse di Forza Italia e le simulazioni che indicavano un possibile aumento netto tra 270 e 1.200 euro grazie a un’aliquota agevolata o all’esenzione Irpef, il governo ha rinunciato a questa misura per evitare un costo stimato di 15 miliardi in una manovra già impegnata su Irpef, sanità e sostegno alle famiglie. Il ministro Giorgetti ha preferito mantenere i conti pubblici sotto controllo, evitando interventi “spot” non finanziabili — una scelta che rassicura Bruxelles ma delude lavoratori e pensionati. Anche il bonus da 100 euro per i redditi medio-bassi, introdotto nel 2024, non verrà rinnovato. Di conseguenza, la tredicesima rimarrà una mensilità aggiuntiva soggetta a Irpef e contributi previdenziali (9,19%), senza benefici delle detrazioni già utilizzate durante l’anno. Per un lavoratore con stipendio lordo di 1.700 euro, il netto sarà di circa 1.400 euro — esattamente come lo scorso Natale. Al momento, non sono previsti cambiamenti, anche se in Parlamento potrebbero emergere emendamenti legati all’“adeguamento salariale”. Per ora, però, niente sorprese: la tredicesima 2025 arriva con un mese d’anticipo… e con la stessa delusione di sempre.

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Stipendi più trasparenti, ma non potrai sapere quanto guadagna il tuo collega

Dal 2026, grazie alla direttiva UE 2023/970, i lavoratori in Italia avranno il diritto di richiedere informazioni sulle retribuzioni medie delle persone che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore, suddivise per genere. L’obiettivo è contrastare il gender pay gap e rendere più equo il mercato del lavoro. Tuttavia, non sarà possibile conoscere lo stipendio esatto del proprio collega: i dati saranno forniti in forma aggregata e anonima, proprio per tutelare la privacy individuale. La trasparenza serve a individuare discriminazioni, non a soddisfare curiosità.

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Quando l’appalto nasconde un datore di lavoro occulto: il confine sottile tra outsourcing legittimo e interposizione illecita di manodopera

n un recente ricorso in appello, una lavoratrice ha chiesto il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato diretto con una grande azienda logistica, nonostante fosse formalmente assunta da una società terza. Pur indossando la divisa del committente, utilizzando strumenti tecnologici intestati a quest’ultimo e ricevendo ordini operativi quotidiani dai suoi dipendenti, il Tribunale di primo grado aveva escluso qualsiasi forma di interposizione illecita. L’appello, tuttavia, richiama la giurisprudenza della Corte di Cassazione — in particolare l’ordinanza n. 3768/2022 — secondo cui, negli appalti “labour intensive”, la legittimità richiede un’autonoma organizzazione del lavoro, un reale potere direttivo dell’appaltatore e l’assunzione del rischio d’impresa: elementi del tutto assenti nel caso di specie.

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Quando il potere disciplinare diventa persecuzione: il confine tra legittima gestione aziendale e mobbing organizzativo

Il ricorso riguarda un caso di abuso del potere disciplinare e mobbing organizzativo ai danni di un lavoratore con oltre 30 anni di anzianità, inquadrato come Capo Reparto di 2° livello nel settore della grande distribuzione. A partire dal 2022, in seguito all’arrivo di un nuovo direttore, il lavoratore — riconosciuto come caregiver ai sensi della legge 104/1992 — è stato sottoposto a una serie reiterata di contestazioni disciplinari infondate o sproporzionate, spesso relative a irregolarità minime (es. prodotti scaduti di 1-2 giorni, esposizione di mozzarelle a temperatura ambiente, errori di etichettatura), tollerate fino a quel momento e mai sanzionate per altri colleghi. Nonostante il riconoscimento dello status di caregiver, l’azienda ha effettuato un trasferimento d’ufficio illegittimo (febbraio 2024), in violazione dell’art. 33, comma 3, della legge 104/1992, e ha proseguito con una condotta vessatoria sistematica, aggravata da controlli mirati anche durante i permessi ex legge 104 e da provvedimenti disciplinari notificati in modo da impedire una difesa efficace.

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Legge 106/2025 e riforma dei caregiver: un passo avanti, ma ancora troppo poco per chi cura

La Legge 106/2025, in vigore dal 1° gennaio 2026, segna una svolta storica: per la prima volta, anche lavoratori autonomi e professionisti potranno beneficiare di un congedo per malattia fino a 300 giorni all’anno, con mantenimento della posizione previdenziale attiva. Si tratta di un riconoscimento fondamentale per una categoria finora esclusa da ogni forma di tutela in caso di patologie gravi, come quelle oncologiche o invalidanti. Tuttavia, il diritto è limitato a chi svolge attività in via continuativa per un unico committente, lasciando fuori molti liberi professionisti con clientela frammentata. Per i dipendenti, la legge introduce 10 ore aggiuntive annue di permessi retribuiti – oltre ai canonici 3 giorni mensili della Legge 104 – e un congedo fino a 24 mesi con garanzia del posto di lavoro, ma senza retribuzione né contribuzione. Una tutela “a metà”, che salva l’occupazione ma non il reddito. Viene inoltre riconosciuta una priorità allo smart working per chi fruisce del congedo, sebbene questa misura rischi di scontrarsi con le rigidità organizzative aziendali. Parallelamente, la Legge di Bilancio 2026 istituisce un Fondo caregiver con una dotazione di soli 1,15 milioni di euro per il 2026, salvo salire a 207 milioni annui dal 2027. Le associazioni (Fish, Genitori Tosti, Confad) denunciano con forza lo stanziamento iniziale come “irrisorio” e “una presa in giro”, ricordando che nel 2024 il precedente fondo da 30 milioni era stato soppresso. I caregiver familiari – stimati in quasi 8 milioni, perlopiù donne over 40 – assistono 24/7 familiari non autosufficienti, spesso rinunciando al lavoro e vivendo in condizioni di grave stress e rischio di impoverimento. Nonostante un Tavolo tecnico governativo abbia lavorato per un anno e mezzo su una legge quadro nazionale, manca ancora l’approvazione formale del disegno di legge in Consiglio dei Ministri. Senza una cornice normativa uniforme, gli interventi restano disomogenei tra le Regioni, e il riconoscimento del caregiver rimane sulla carta. In sintesi: la Legge 106 è un progresso concreto, ma la riforma dei caregiver rischia di fallire se non accompagnata da risorse adeguate, indennità economica e tutele previdenziali strutturali. Il welfare non può continuare a poggiare sulle spalle di chi cura in silenzio.

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Intelligenza Artificiale e Diritto d’Autore: tra Innovazione, Tutela e Incertezze Giuridiche

L’avvento dell’intelligenza artificiale generativa e recenti pronunce della Corte di Cassazione – tra cui il caso Battisti e la sentenza sui Castiglioni – stanno ridefinendo i confini del diritto d’autore in Italia. Da un lato, la Suprema Corte ribadisce con forza che la proprietà del master fonografico non assorbe i diritti patrimoniali sull’opera musicale, tutelati dalla Legge 633/1941 e pienamente disponibili dai titolari; dall’altro, nel caso di una lampada parte di un allestimento storico, la Cassazione conferma che la tutela autoriale richiede prova del valore artistico autonomo, non desumibile dal contesto espositivo. Parallelamente, la giurisprudenza europea – in particolare la sentenza Cofemel – spinge verso un’interpretazione del concetto di originalità basata esclusivamente sulla libera e creativa espressione dell’autore, senza il requisito aggiuntivo del “valore artistico”, ancora presente nella normativa italiana. In questo crocevia tra tradizione giuridica e innovazione tecnologica, emerge con urgenza la necessità di riformare il quadro normativo per bilanciare tutela degli autori, libertà di espressione e sviluppo dell’IA.

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Accompagnamento e assistenza: la Corte di Cassazione ridefinisce il concetto di “invalidità” includendo il rischio di caduta

La Corte di Cassazione ha ridefinito in modo innovativo il concetto di “impossibilità di deambulare” ai fini del riconoscimento dell’indennità di accompagnamento, prevista dalla legge 11 febbraio 1980, n. 18. Con sentenze recenti – tra cui la n. 25033 del 2023 – la Suprema Corte ha affermato che il rischio concreto e grave di caduta, anche in presenza di una capacità residua di camminare, deve essere considerato equivalente all’immobilità. Questo orientamento segna una svolta giurisprudenziale significativa, spostando l’attenzione dalla mera capacità motoria alla sicurezza funzionale del soggetto. L’articolo analizza le implicazioni legali, mediche e sociali di questa evoluzione, offrendo indicazioni utili a cittadini, professionisti sanitari e operatori del diritto per richiedere e valutare correttamente il diritto all’accompagnamento in casi di instabilità posturale grave.

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L’unica casa non è più un rifugio: la Cassazione apre la strada al sequestro per reati tributari

Con la sentenza n. 34485/2025, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’unica casa di abitazione può essere sequestrata e confiscata qualora il proprietario sia indagato o condannato per gravi reati tributari, come la dichiarazione fraudolenta mediante false fatture (art. 2 del Dlgs 74/2000). La Suprema Corte ha distinto nettamente tra recupero di crediti fiscali – in cui l’art. 76 del Dpr 602/1973 tutela l’unica abitazione – e confisca del profitto illecito derivante da un reato, ambito in cui tale protezione non opera. Richiamando l’art. 2740 del Codice civile, secondo cui il debitore risponde con tutti i suoi beni, la Cassazione ha escluso deroghe implicite alla responsabilità patrimoniale, anche a costo di sacrificare il diritto all’abitazione. La decisione ribalta orientamenti giurisprudenziali precedenti e solleva interrogativi di proporzionalità e compatibilità con i principi costituzionali.

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Bonus Giorgetti: il trucco legale per raddoppiare lo stipendio senza lasciare il lavoro (e cosa dice davvero la legge)

Il cosiddetto “bonus Giorgetti” per raddoppiare lo stipendio restando al lavoro non esiste: si tratta di una bufala mediatica senza fondamento normativo. Nessuna legge prevede un aumento automatico della retribuzione legato alla sola permanenza in azienda. La giurisprudenza, compresa la Corte di Cassazione, ribadisce che ogni maggiorazione salariale deve fondarsi su contratti, accordi collettivi o norme specifiche — non su voci infondate. Attenzione a truffe e consulenti improvvisati: l’unica strada sicura è informarsi su fonti ufficiali.

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Colf e badanti: stipendi in crescita dal 2026 – cosa cambia per famiglie e datori di lavoro con il nuovo CCNL

profile Qwen3-Max Ecco un estratto sintetico dell’articolo basato sul contenuto fornito: Colf e badanti: stipendi in aumento dal 2026 con il nuovo CCNL Il 29 ottobre 2025 è stato firmato il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) per il lavoro domestico, in vigore dal 1° novembre 2025 ma con effetti economici a partire dal 1° gennaio 2026. L’accordo, sottoscritto da Domina e Fidaldo (datori di lavoro) e dai sindacati Filcams CGIL, Fisascat CISL, UILTuCS e Federcolf, interessa oltre 871.000 assistenti familiari. Il nuovo CCNL prevede un aumento strutturale di 100 euro lordi mensili sul livello medio BS, suddiviso in tre anni: 40 € dal 1° gennaio 2026 30 € dal 1° gennaio 2027 15 € dal 1° gennaio 2028 15 € da settembre 2028 A questo si aggiungono 135,75 € lordi per il recupero del costo della vita 2021–2025 e una rivalutazione annuale dei minimi al 90% dell’inflazione ISTAT. Viene introdotto anche un bonus formazione di 30 € (in precedenza 11 €) per chi possiede la certificazione UNI 11766:2019 rilasciata da Ebincolf. Sul fronte delle tutele, è previsto un congedo di maternità facoltativo di 4 mesi non retribuito e permessi aggiuntivi non retribuiti per l’assistenza a familiari con disabilità, in assenza di applicazione della Legge 104 al settore domestico. L’impatto sui costi per le famiglie è stato mitigato con una gradualità triennale, per garantire sostenibilità economica senza compromettere il riconoscimento della dignità del lavoro domestico.

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Alzheimer in RSA: la retta è tutta a carico del Servizio Sanitario Nazionale – Stop alle richieste di pagamento alle famiglie!

Per i pazienti affetti da Alzheimer in fase avanzata, la retta della Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA) è interamente a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Lo ha ribadito con forza il Tribunale di Pordenone con la sentenza n. 503 del 25 settembre 2025, seguendo il costante orientamento della Corte di Cassazione (in particolare le sentenze n. 34590/2023 e n. 4558/2012). La giurisprudenza riconosce che, in presenza di patologie neurodegenerative gravi, sussiste un’“inscindibilità” tra assistenza e cura medica: attività come aiutare a mangiare, lavarsi o muoversi non sono servizi “alberghieri”, ma prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria, rientranti nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Di conseguenza, qualsiasi richiesta di pagamento rivolta ai familiari è illegittima, i contratti che impongono quote a carico dei parenti sono nulli, e l’azione di rivalsa da parte dei Comuni è inammissibile. L’onere economico ricade integralmente sul SSN, in applicazione della legge n. 833 del 1978 e nel rispetto dei diritti costituzionali e internazionali alla salute e alla non discriminazione.

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