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Cambiare il CCNL prima della scadenza? La Cassazione dice no: è condotta antisindacale

Un’azienda non può cambiare unilateralmente il contratto collettivo nazionale (CCNL) in vigore prima della sua scadenza, neppure se raggiunge un accordo con alcuni sindacati. Lo ha ribadito con fermezza la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 29737/2025, condannando tale comportamento come condotta antisindacale. La modifica anticipata di un CCNL richiede infatti il consenso di tutti i soggetti firmatari originari, e qualsiasi tentativo di aggirare un sindacato dissenziente—o di far passare una semplice “ricevuta” dei dipendenti come accettazione del nuovo contratto—è nullo e lesivo della libertà sindacale garantita dall’articolo 39 della Costituzione e dall’articolo 28 dello Statuto dei Lavoratori.

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Demansionamento: quando dire “no” non ti costa il posto di lavoro

Il demansionamento non è sempre illegittimo — e non sempre puoi rifiutarlo senza conseguenze. Se avviene senza una valida ragione, viola l’articolo 2103 del Codice Civile e lederebbe la tua dignità professionale: in quel caso, puoi e devi opporre resistenza. Ma se deriva da una riorganizzazione aziendale reale, o ti viene proposto come alternativa al licenziamento, il quadro cambia: rifiutare potrebbe significare perdere comunque il lavoro, e con piena legittimità da parte del datore. La differenza tra difendere i tuoi diritti e rischiare il posto sta tutta nei dettagli — e nella giurisprudenza.

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Licenziamento per giustificato motivo oggettivo e rifiuto della ricollocazione.

Quando un’azienda si riorganizza e propone al dipendente una nuova mansione — coerente con il suo inquadramento contrattuale, con pari livello e retribuzione — il rifiuto da parte del lavoratore legittima il successivo licenziamento per giustificato motivo oggettivo. La giurisprudenza, infatti, riconosce che il datore di lavoro ha pienamente assolto all’obbligo di repêchage previsto dall’art. 3 della legge 604/1966. Al contrario, non basta un generico stato ansioso emerso dopo il recesso a fondare pretese risarcitorie per mobbing, in assenza di una diagnosi specifica di stress lavoro-correlato o di condotte vessatorie sistematiche e intenzionali. Il licenziamento, in questi casi, non è né illegittimo né pretestuoso: è l’estrema ratio di un’organizzazione aziendale effettiva e rispettosa delle regole.

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Fideiussione Omnibus ABI: il Tribunale di Bari striglia le banche — e afferma: “Niente più pretese!”

Il Tribunale di Bari, con la sentenza n. 172/2025, ha dichiarato la nullità di una fideiussione omnibus redatta secondo lo schema ABI, ritenendola indeterminata e contraria ai principi di buona fede. In un passaggio particolarmente incisivo, il giudice ha anche affermato la decadenza della banca da ogni pretesa, poiché l’uso reiterato di clausole abusive non può più essere tollerato dall’ordinamento. Una pronuncia chiara, netta e fortemente orientata a tutelare il fideiussore da pratiche contrattuali opache e squilibrate.

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Quando il Datore Non Paga i Contributi: La Pensione è Ancora al Sicuro? Guida Giuridica per Non Perdere il Futuro

Se il datore di lavoro non versa i contributi previdenziali, il lavoratore non perde automaticamente il diritto alla pensione, grazie al principio di automaticità delle prestazioni (art. 2116 del Codice Civile). Tuttavia, se i contributi non versati vanno in prescrizione — cioè se l’INPS non li recupera entro cinque anni — quel periodo lavorativo non sarà riconosciuto ai fini pensionistici. In tal caso, il lavoratore può comunque agire legalmente contro il datore per ottenere il risarcimento del danno o per costringerlo a costituire una rendita vitalizia che ricomponga la quota di pensione persa. La chiave per tutelarsi è monitorare in tempo reale il proprio estratto conto contributivo e intervenire prima che scatti la prescrizione.

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Scarso rendimento e controlli difensivi: i confini giuridici del “fondato sospetto” secondo la Cassazione.

Lo scarso rendimento di un dipendente può costituire un “fondato sospetto” utile a legittimare controlli difensivi tecnologici ex post, ma solo se risponde a requisiti rigorosi: deve trattarsi di una “enorme sproporzione” tra prestazione attesa e prestazione effettiva, protratta nel tempo, imputabile al lavoratore (e non a carenze organizzative) e rilevata in modo lecito. La Cassazione, con l’ordinanza n. 24564/2025, ribadisce che mancano questi presupposti, il controllo diventa arbitrario e viola il diritto alla riservatezza del lavoratore.

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Portieri 4.0: tra pacchi dell’e-commerce e chiavi di Airbnb – il nuovo CCNL ridefinisce il ruolo del custode tra diritti, responsabilità e innovazione

Il rinnovato CCNL per i dipendenti da proprietari di fabbricati (valido fino al 31 ottobre 2028) ridefinisce il ruolo del portiere, introducendo nuove mansioni strutturate legate alla gestione degli affitti brevi e alla ricezione dei pacchi. Viene istituita un’indennità di 15 euro mensili per ogni appartamento in affitto breve, a carico esclusivo del proprietario, e il portiere è esentato da ogni responsabilità grazie a una clausola di manleva. L’introduzione di tali compiti richiede il voto dell’assemblea condominiale e il consenso del lavoratore, mentre la gestione dei pacchi è regolata da un ordine di servizio personalizzato per evitare sovraccarichi logistici. Il contratto prevede inoltre aumenti retributivi, welfare sanitario esteso ai familiari e l’affidamento della manutenzione ordinaria del verde, proiettando la figura del portiere in una dimensione moderna, tutelata e funzionale alle esigenze urbane contemporanee.

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Quando lo stipendio non arriva: il diritto di andarsene senza preavviso e con la testa alta

Quando lo stipendio non arriva, il lavoratore non è costretto a subire in silenzio. Il ritardo prolungato nel pagamento può configurare una giusta causa di dimissioni, consentendo di recedere dal rapporto di lavoro senza preavviso, con diritto all’indennità sostitutiva del preavviso e all’indennità di disoccupazione NASpI. La legittimità di questa scelta dipende dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) applicato e dalla gravità del ritardo, valutata caso per caso dal giudice – in particolare se si tratta di due o più mensilità non pagate, con conseguenze concrete sulla vita del dipendente. La giurisprudenza è chiara: la retribuzione ha una funzione alimentare essenziale, e il suo mancato pagamento mina il fondamento stesso del rapporto di fiducia tra datore e lavoratore (art. 2119 c.c.; Cass. Civ., Sez. I, n. 21438/2023).

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Cassazione ribalta il rifiuto dell’indennità di accompagnamento: la “supervisione continua” equivale all’“aiuto permanente”

La Corte di Cassazione ha stabilito che la “supervisione continua” nella deambulazione soddisfa il requisito legale per l’indennità di accompagnamento previsto dall’art. 1 della legge n. 18/1980, poiché implica l’impossibilità di camminare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore. La sentenza ribadisce che tale condizione, se continua e non episodica, integra pienamente la fattispecie normativa, a prescindere dalla valutazione della residua autonomia funzionale secondo la scala di Barthel.

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Trasferimento punitivo nell’emergenza rifiuti? 

L’emergenza rifiuti non giustifica un trasferimento punitivo né un licenziamento. Lo ribadisce la Cassazione con la sentenza n. 18347/2023: neppure lo stato di crisi autorizza il datore a derogare unilateralmente al contratto di lavoro. Il diritto del lavoro, anche — e soprattutto — in emergenza, resta inviolabile.

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