Corte di cassazione civile, sez. lav., 10 maggio 2024 n. 12777
Svolgimento del processo
1. Con sentenza 24.3.17 la Corte d’appello di Catanzaro, in riforma della sentenza del 24.9.14 del tribunale di Cosenza, ha dichiarato prescritta la domanda di regresso promossa dall’Inail in relazione ad infortunio letale occorso al lavoratore C., dipendente della ditta D., il cui capocantiere era A.
2. In particolare, la corte territoriale ha ritenuto che il termine triennale per l’esercizio del regresso decorre dal passaggio in giudicato della sentenza penale, ma solo se l’azione penale è iniziata nel triennio dalla costituzione della rendita e che nel caso era stato richiesto il rinvio a giudizio il 2 maggio 2003, mentre la rendita era stata costituita il 6.11.98.
3. Avverso la detta sentenza ricorre l’INAIL per un motivo, cui resiste con controricorso, illustrato da memoria, il A.
Motivi della decisione
4. Il motivo deduce violazione degli articoli 10, 11 e 112 del T.U. infortuni, per avere la corte territoriale trascurato che l’inizio del procedimento penale era ancorato all’iscrizione della notizia di reato nel 1998 e che il termine decorre dal passaggio in giudicato della sentenza.
5. Il motivo è infondato.
6. L’art. 112 del t.u.i.l.m.p. prevede che l’azione di regresso di cui all’art. 11 si prescrive in ogni caso nel termine di tre anni dal giorno nel quale la sentenza penale è divenuta irrevocabile.
7. Nell’interpretare la norma, le Sezioni Unite di questa Corte, Sentenza n. 5160 del 16 marzo 2015 (Rv. 634460-01), hanno affermato che il termine triennale previsto dall’art. 112 del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, stante il principio di stretta interpretazione delle norme in tema di decadenza, ha natura di prescrizione e, ove non sia stato iniziato alcun procedimento penale, decorre dal momento di liquidazione dell’indennizzo al danneggiato (ovvero, in caso di rendita, dalla data di costituzione della stessa), il quale costituisce il fatto certo e costitutivo del diritto sorto dal rapporto assicurativo, dovendosi ritenere che detta azione, con la quale l’Istituto fa valere in giudizio un proprio credito in rivalsa, sia assimilabile a quella di risarcimento danni promossa dall’infortunato, atteso che il diritto viene esercitato nei limiti del complessivo danno civilistico ed è funzionale a sanzionare il datore di lavoro, consentendo, al contempo, di recuperare quanto corrisposto al danneggiato.
8. Sez. L, Sentenza n. 20853 del 15 ottobre 2015 (Rv. 637421-01) ha ulteriormente precisato che, nel caso in cui il procedimento penale sia iniziato entro tre anni dal pagamento dell’indennizzo o dalla costituzione della rendita, l’azione di regresso dell’INAIL nei confronti del datore di lavoro può essere esercitata nel termine triennale di prescrizione previsto dall’art. 112 del D.P.R. n. 1124 del 1965, decorrente dal giorno in cui la sentenza penale di condanna è divenuta irrevocabile.
9. Nel sistema delineato dai su richiamati arresti, dunque, l’azione di regresso può essere esperita nel termine triennale dal giudicato penale solo nel caso in cui il processo penale sia attivato nel triennio dalla data di costituzione della rendita, in quanto solo in tal caso il termine può poi decorrere dalla fine del processo penale.
10. Va qui aggiunto che il processo penale cui la norma fa riferimento è quello introdotto nei confronti della persona verso la quale l’Inail intende esercitare il regresso, non essendo rilevante un processo penale purchessia in relazione ai fatti dell’infortunio. Dunque, l’attivazione del processo penale nei confronti del datore di lavoro non preclude il decorso del termine in discorso nei confronti di altri soggetti legittimati passivi all’azione di regresso, in relazione ai quali occorrerà far riferimento ai tempi del relativo eventuale processo penale.
11. Nel caso, ove la liquidazione delle prestazioni è avvenuta nel 1998 ed il procedimento penale contro il datore di lavoro D. r.g. n. 4166/1998 era iniziato con rinvio a giudizio del 2003, il procedimento penale contro A., iscritto al n. r.g. 463/2006, lo aveva visto rinviato a giudizio solo con atto del GUP Cosenza del 13 febbraio 2007, quando ormai il termine triennale dalla liquidazione delle prestazioni previdenziali all’infortunato era ampiamente decorso (mentre il A. era stato successivamente prosciolto).
12. Può dunque affermarsi che, in tema di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, il termine triennale previsto dall’art. 112 del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, per l’esercizio della speciale azione di regresso dell’INAIL, come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità, decorre in relazione al processo penale instaurato nei confronti della specifica persona verso la quale l’Inail intende esercitare il regresso, non essendo rilevante un processo penale purchessia in relazione ai fatti dell’infortunio; ne consegue che, l’attivazione del processo penale nei confronti del datore di lavoro non preclude il decorso del termine in discorso nei confronti di altri soggetti legittimati passivi all’azione di regresso, in relazione ai quali occorrerà far riferimento ai tempi del relativo eventuale processo penale.
13. Spese secondo soccombenza.
14. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in Euro 6.000 per compensi professionali ed Euro 200 per esborsi, oltre a spese generali al 15% ed accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. n.115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Riferimenti normativi:
Art. 112 D.P.R. del 30 giugno 1965 n. 1124
Corte di cassazione civile, sez. lav., 10 maggio 2024 n. 12777