Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 settembre 2021, n. 24952
Fatti di causa
1. Il Tribunale di Caltanissetta, con sentenza n.236/2018, ha dichiarato in dispositivo G.N. invalida nella misura dell’84 per cento a decorrere dal 15.12.2015 ed ha condannato l’Inps a corrisponderle i ratei di indennità di accompagnamento dalla stessa data, pur dando atto nel corpo della motivazione che la ricorrente aveva richiesto, introducendo il procedimento di cui all’art. 445 bis c.p.c., il riconoscimento del requisito sanitario utile a conseguire l’assegno mensile di invalidità civile e che andavano condivise le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio sulla sussistenza di un grado di invalidità pari all’ 84 per cento.
2. Avverso tale statuizione l’Inps propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
3. G. N. è rimasta intimata.
4. La Sezione sesta di questa Corte Suprema di cassazione, con ordinanza interlocutoria n. 27918 del 2020, ha ravvisato il rilievo nomofilattico della controversia in ordine all’interesse ad agire della ricorrente, in quanto soggetto ultrasessantacinquenne al momento della decorrenza della riconosciuta prestazione ed alla luce del progressivo slittamento dell’età pensionabile previsto dall’ art. 18, comma 4 I. n. 111/2011, ed ha rimesso la trattazione alla Sezione ordinaria.
Ragioni della decisione
5. Con il primo motivo, è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt.1 e 3 legge n.18/80 e degli artt.7 e 8 legge n.533/73, in relazione all’art. 360 co.1 n. 3 c.p.c, per aver il tribunale condannato l’Inps a corrispondere l’indennità di accompagnamento pur in assenza di domanda amministrativa.
6. Con il secondo motivo, è dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c. per aver il tribunale pronunciato su un petitum non dedotto in causa ed omesso di decidere su quanto effettivamente richiesto in giudizio.
7. Con il terzo motivo, è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 445 bis c.p.c. per aver il tribunale pronunciato sentenza di condanna al pagamento della prestazione dell’indennità di accompagnamento.
8. Con il quarto motivo è denunciato contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione della sentenza, in relazione all’art. 360 primo comma n. 4) c.p.c., per avere la sentenza impugnata, in motivazione, riconosciuto il diritto della ricorrente all’assegno di invalidità civile e, nel dispositivo, condannato invece l’INPS al pagamento dell’indennità di accompagnamento.
9. Con il quinto motivo è dedotta la violazione degli artt. 8 del d. Igs n. 509/1988, della legge n. 118/71, della legge n. 335/95, in relazione all’art. 360 co.1 n. 3) c.p.c, per aver il tribunale riconosciuto l’invalidità relativa all’assegno in favore di soggetto ultrasessantacinquenne.
10. I motivi da uno a quattro sono connessi, trattando in sostanza il medesimo tema della discrasia tra motivazione e dispositivo dalla quale si trae motivo di violazione sia della legge sostanziale che di quella processuale, e vanno quindi trattati congiuntamente. Gli stessi sono inammissibili.
11. Questa Corte di cassazione (da ultimo vd. Cass. n. 706/2021) ha avuto modo di affermare che, nel rito speciale del lavoro, in caso di contrasto tra motivazione e dispositivo, deve attribuirsi prevalenza a quest’ultimo che, acquistando pubblicità con la lettura in udienza, cristallizza stabilmente la decisione assunta nella fattispecie concreta, mentre le enunciazioni della motivazione incompatibili con il dispositivo devono considerarsi come non apposte ed inidonee a costituire giudicato (cfr. Cass. 22/08/2019 n. 21618 Cass. 19/06/2002 n. 8912, 07/07/2003 n. 10653, 18/06/2004 n. 11432).
12. Tale insanabilità può tuttavia escludersi quando sussista una parziale coerenza tra dispositivo e motivazione, divergenti solo da un punto di vista quantitativo, e la seconda, inoltre, sia ancorata ad un elemento obiettivo che inequivocabilmente la sostenga (cfr. Cass. n. 21618/2019 cit., Cass. n.11432/2004 cit. e Cass. 27/08/2007 n. 18090).
13. Può anche darsi il caso che il contrasto si risolva in una fortuita divergenza tra il giudizio e la sua espressione letterale, cagionata da mera svista o disattenzione nella redazione della sentenza; in tale caso esso può essere percepito e rilevato ictu oculi, senza bisogno di alcuna indagine ricostruttiva del pensiero del giudice, il cui contenuto resta individuabile ed individuato senza incertezza” (Cass. 17392/04 e 10129/99) e può dar luogo ad errore emendabile con la procedura della correzione di errore materiale (Cass. 26074/18).
14. Solo il contrasto insanabile tra motivazione e dispositivo della sentenza, quindi, poiché non consente di individuare la statuizione del giudice attraverso una valutazione di prevalenza di una delle contrastanti affermazioni contenute nella decisione, non può essere eliminato con il rimedio della correzione degli errori materiali„ determinando, sul punto, la nullità della pronuncia ai sensi dell’art. 156 c.p..c., comma 2.
15. Nel caso di specie, la divergenza tra il contenuto della motivazione – riferito alla questione devoluta in giudizio della sussistenza dello stato di invalidità necessario ad ottenere l’assegno di invalidità civile – ed il dispositivo che accerta l’invalidità civile nella misura dell’84% unitamente alla condanna al pagamento dei ratei dell’indennità di accompagnamento, prestazione neanche oggetto del giudizio introdotto con il procedimento previsto dall’art. 445 bis c.p.c., consente di comprendere il contenuto della statuizione che non può che riferirsi al solo accertamento dello stato invalidante necessario per ottenere l’assegno di invalidità civile ai sensi della legge n. 118/1971, unica prestazione di cui si discuteva.
16. I motivi, dunque, censurano non vizi della decisione passibili di ricorso per cassazione ma mero errore materiale, emendabile con la procedura prevista dagli artt. 287 e ss. c.p.c. attraverso la correzione del dispositivo con l’eliminazione della condanna al pagamento dell’indennità di accompagnamento con relativi accessori.
I primi quattro motivi vanno dunque dichiarati inammissibili.
17. Il quinto motivo, che invece poggia sul presupposto della validità della sentenza e sul punto della decisione che accerta il requisito sanitario necessario all’ottenimento dell’assegno di invalidità civile con decorrenza dal 15 dicembre 2015, successiva di 36 giorni al compimento del 65° anno di età, è infondato.
18) Va, innanzi tutto, rilevata la sussistenza dell’interesse ad agire in capo alla ricorrente in sede di a.t.p.o., posto che G. N., come ammesso dall’INPS, presentò domanda per ottenere l’assegno di invalidità civile alla data del 7 ottobre 2014, quando certamente possedeva il requisito anagrafico testualmente previsto dall’art. 13 della legge n. 118/1971; fu per ottenere l’accertamento del relativo stato sanitario, negatole in sede amministrativa, che propose il procedimento di a.t.p.o. ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c. in data 9 novembre 2015, con la prospettiva di ottenere per quella via il riconoscimento della prestazione sin dalla data di presentazione della domanda amministrativa.
19. Ciò chiarito, va rilevato che la tesi dell’INPS, che ha indotto la Sesta sezione a porre il dubbio sulla permanenza dell’interesse dell’istante ad ottenere l’assegno di invalidità civile a seguito dell’accertamento sanitario con decorrenza successiva al compimento del 65° anno di età, è infondata.
20. Sostiene il ricorrente che l’età di anni sessantacinque e giorni 36, posseduta dalla N. alla data del 15 dicembre 2015, quando le fu riconosciuta l’invalidità dell’84%, impedirebbe il riconoscimento del diritto all’assegno di invalidità civile.
21. La questione va esaminata tenendo conto che il tema della tutela degli invalidi ed inabili oltre l’età lavorativa, già da prima delle recenti innovazioni sulla posticipazione del requisito anagrafico di accesso alla pensione di vecchiaia cui allude l’ordinanza interlocutoria, si è fondato sulla stretta correlazione fissata dall’art. 19 I. n. 118/1971 tra il raggiungimento dell’età pensionabile (all’epoca di 65 anni) ed il limite anagrafico per il conseguimento del diritto alla pensione di inabilità o dell’assegno di invalidità civile previsti dagli artt. 12 e 13 della medesima legge. La continuità della tutela era resa effettiva dall’automatica trasformazione dei primi nella (allora) pensione sociale prevista dall’art. 26 I. n. 153 del 1969.
La finalità era quella evidente di non lasciare priva di tutela assistenziale la persona invalida, impossibilitata ad inserirsi nel mondo del lavoro ed al contempo non ancora in possesso dell’età per accedere alla misura della pensione sociale di cui al citato art. 26.
22. Peraltro, mentre l’art. 13 I. 118 del 1971 prevedeva espressamente il requisito massimo dei 65 anni di età, tale indicazione difettava nell’art. 12 per la pensione di inabilità e solo con l’entrata in vigore del D. L. n. 509 del 23 novembre 1988, art. 8, fu chiarito che la pensione di inabilità, di cui all’art. 12 della legge n. 118 del 1971, spettasse ai mutilati ed invalidi civili di età compresa tra il 18° e il 65° anno di età, fermi restando i requisiti e le condizioni previsti dalla legislazione vigente.
23. Questa Corte di cassazione ha pure avuto modo di affermare che l’ammissione degli invalidi civili, al compimento del sessantacinquesimo anno di età, all’assegno sociale erogato dall’INPS in sostituzione del trattamento di invalidità, in applicazione dell’art. 19 della I. n. 118 del 1971, ha carattere automatico e prescinde pertanto dall’accertamento, da parte di detto Istituto, della rivalutazione della posizione patrimoniale dell’assistito, costituendo la titolarità dell’assegno di invalidità (o della pensione di inabilità) presupposto sufficiente per il conseguimento dell’assegno sociale alle condizioni di maggior favore già accertate ( Cass. n. 2029 del 2020).
24. Tale stretta correlazione è stata mantenuta anche a seguito dell’introduzione dell’assegno sociale di cui all’art. 3, comma sei, I. n. 335 del 1995 che ha sostituito la pensione sociale, mantenendo il requisito anagrafico dei 65 anni di età.
25. Tenendo conto della ratio sottesa all’operatività dell’automatismo di cui si è appena detto, ai fini della integrale tutela dell’assistenza alla persona invalida, va letto l’articolo 12, comma 12-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, il quale stabilisce che, a decorrere dal 1° gennaio 2013, il requisito anagrafico di 65 anni previsto in materia di assegno sociale deve essere aggiornato con cadenza triennale, nella misura stabilita con decreto direttoriale del Ministero dell’Economia e delle finanze, di concerto con il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, da emanare almeno dodici mesi prima della data di decorrenza di ogni aggiornamento.
26. L’ aggiornamento dell’età di accesso al beneficio dell’assegno sociale, per il raccordo automatico che salda le prestazioni di invalidità all’assegno sociale, ha esplicato effetti anche sulla decorrenza delle prestazioni assistenziali in favore di alcune tipologie di invalidi civili; in particolare, a decorrere dal 1° gennaio 2013, il requisito anagrafico minimo previsto per il conseguimento dell’assegno sociale, nonché dell’assegno sociale sostitutivo della pensione d’inabilità civile, dell’assegno mensile di assistenza agli invalidi parziali e della pensione non reversibile ai non udenti viene adeguato all’incremento della speranza di vita, in attuazione dell’art. 12 del D.L. 78/2010 convertito nella L. 122/2010, e pertanto tali prestazioni dalla medesima data potevano essere concesse sino al compimento di 65 anni e 3 mesi.
27. In tal senso l’Amministrazione stessa si è orientata, come dimostra la circolare n. 35 del 14 marzo 2012 punto 13 emessa dall’INPS ed il successivo messaggio n. 16587 del 12.10.2012.
28. A seguito degli adeguamenti del 2016, inoltre, il requisito anagrafico è stato innalzato a 65 anni e 7 mesi; con l’ulteriore innalzamento di un anno a partire dal 2018, previsto dall’articolo 24, comma 8, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, l’età prevista per l’accesso all’assegno sociale è divenuta pari a 66 anni e 7 mesi (cfr. il messaggio INPS n. 4920/2017).
29. Il decreto del Ministero dell’Economia e delle finanze 5 dicembre 2017, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 289 del 12 dicembre 2017, ha poi provveduto all’adeguamento dei requisiti all’incremento della speranza di vita con decorrenza 2019, stabilendo un innalzamento di 5 mesi.
Così, a decorrere dal 1 gennaio 2018 il requisito anagrafico per il conseguimento dell’assegno sociale, nonché per il conseguimento degli assegni sociali sostitutivi dell’assegno mensile di assistenza a favore dei sordomuti e della pensione di inabilità civile e dell’assegno mensile a favore dei mutilati e invalidi civili, è incrementato di un anno a cui si deve aggiungere l’incremento della speranza di vita.
30. Di conseguenza, a partire dal 1 gennaio 2019, il requisito anagrafico minimo previsto per il conseguimento dell’assegno sociale, di cui all’articolo 3, commi 6 e 7, della legge 8 agosto 1995, n. 335, dell’assegno sociale sostitutivo della pensione d’inabilità civile e dell’assegno mensile di assistenza agli invalidi parziali, di cui all’articolo 19 della legge 30 marzo 1971, n. 118, nonché dell’assegno sociale sostitutivo della pensione non reversibile ai sordi, di cui all’articolo 10 della legge 26 maggio 1970, n. 381, è innalzato di 5 mesi e, pertanto, l’età richiesta per poter accedere alle prestazioni in oggetto è divenuta pari a 67 anni rispetto ai 66 anni e 7 mesi previsti per il 2018.
31. Per effetto del suddetto innalzamento del requisito anagrafico, a decorrere dal 1 gennaio 2019, la pensione d’inabilità civile e l’assegno mensile di assistenza agli invalidi parziali di cui agli articoli 12 e 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118, nonché la pensione non reversibile ai sordi di cui alla legge 26 maggio 1970, n. 381, sono concesse, a seguito del riconoscimento del requisito sanitario e sussistendo le altre condizioni socio-economiche previste, ai soggetti d’età non inferiore al diciottesimo anno e fino al compimento del sessantasettesimo.
32. Da ciò consegue che il requisito anagrafico per l’acquisizione del diritto alla pensione d’inabilità civile, all’assegno mensile agli invalidi parziali e alla pensione non reversibile ai non udenti è fissato dal diciottesimo anno fino al compimento delle età sopra indicate in applicazione (come stabilito dall’art. 18 comma 4 Legge n. 111 del 15 luglio 2011), del meccanismo di adeguamento del requisito anagrafico di accesso alle suddette prestazioni agli incrementi di speranza di vita introdotto dall’art. 12 del D.L. 78/2010 convertito in Legge n. 122 del 30 luglio 2010.
33. In definitiva, alla data del 15 dicembre 2015, G. N. era in possesso del requisito anagrafico necessario ad ottenere l’assegno di invalidità civile per cui il motivo in esame, come l’intero ricorso, va rigettato.
34. Nulla va disposto per le spese del giudizio di legittimità, posto che G.N. non ha svolto attività difensiva.
P.Q.M.
rigetta il ricorso
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato D.P.R..