Pignoramenti immobiliari bloccati con una recentissima e rivoluzionaria pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione perché il giudice deve valutare se il decreto ingiuntivo è stato emesso sulla base di clausole abusive contrarie ai diritti del consumatore.
La sentenza n. 9479 del 6 aprile 2023 delle Sezioni Unite della Cassazione può definirsi di portata epocale, consentendo, in alcuni casi, la restituzione delle case all’asta a tutti i debitori sottoposti al pignoramento immobiliare da parte di banche o finanziarie.
Ma l’effetto più importante e dirompente della mentovata pronuncia è la possibilità di applicazione retroattiva del principio varato dalla Cassazione, oggi infatti chi sta subendo l’esproprio di una casa o di qualsiasi altro bene può nuovamente opporsi alla procedura anche se, in precedenza, è rimasto inerte e ha fatto scadere tutti i termini.
Il principio che oggi può evitare ai debitori che la casa vada all’asta
Il principio era già stato affermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) in almeno quattro coeve pronunce, emesse dal Collegio della Grande Sezione in data 17 maggio 2022 (sentenza in C-600/19, Ibercaja Banco; sentenza in cause riunite C-693/19, SPV Project 1503, e C831/19, Banco di Desio e della Brianza; sentenza in C-725/19, Impuls Leasing Romania; sentenza in C-869/19, Unicaja Banco), una delle quali (sentenza in cause riunite C-693/19, SPV Project 1503, e C831/19, Banco di Desio e della Brianza) a seguito di rinvio pregiudiziale disposto dal Tribunale di Milano con ordinanze del 10 agosto 2019 e del 31 ottobre 2019. La questione posta da quest’ultima richiesta pregiudiziale può essere sintetizzata nei seguenti termini: «(…) se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale la quale prevede che, qualora un decreto ingiuntivo emesso da un giudice su domanda di un creditore non sia stato oggetto di opposizione proposta dal debitore, il giudice dell’esecuzione non possa – per il motivo che l’autorità di cosa giudicata di tale decreto ingiuntivo copre implicitamente la validità delle clausole del contratto che ne è alla base, escludendo qualsiasi esame della loro validità – successivamente controllare l’eventuale carattere abusivo di tali clausole. Nella causa C-831/19, esso chiede altresì se la circostanza che, alla data in cui il decreto ingiuntivo è divenuto definitivo, il debitore ignorava di poter essere qualificato come «consumatore» ai sensi di tale direttiva abbia una qualsivoglia rilevanza al riguardo»..
Secondo la CGUE, pertanto, lo Stato italiano deve garantire ai consumatori la possibilità di opporsi al decreto ingiuntivo della banca anche se questo non è stato contestato a suo tempo e pertanto è divenuto definitivo. Deve farlo, in particolare, tutte le volte in cui il credito che ha dato vita all’esecuzione forzata si basa su un contratto abusivo, contenente cioè clausole vessatorie.
Quindi, in presenza di un contratto bancario (una fideiussione, un mutuo, un’apertura di credito o qualsiasi altro contratto) che contenga clausole vessatorie, il debitore, che in precedenza non abbia presentato opposizione contro un decreto ingiuntivo o non abbia fatto appello contro una sentenza a lui sfavorevole, può opporsi anche a pignoramento già in corso e rimettere tutto in discussione.
A quali condizioni è possibile bloccare il pignoramento della casa?
Perché possa applicarsi il principio affermato dalla sentenza della Cassazione n. 9479 del 6 aprile 2023, in base al quale è possibile bloccare il pignoramento della casa, occorre la presenza di tutte le seguenti tre condizioni:
1.il debitore deve essere un consumatore;
2.il contratto sottoscritto con la banca deve contenere almeno una clausola vessatoria;
3.l’asta giudiziaria non deve essersi già conclusa con il provvedimento di assegnazione dell’immobile.
In pratica cosa cambia da oggi in poi per chi ha una casa all’asta?
Oggi, grazie al nuovo principio fissato dalla Cassazione, il debitore può presentare opposizione nonostante non abbia proposto opposizione contro il decreto o abbia fatto scadere i termini. Infatti, adesso spetta al giudice dell’esecuzione controllare se la clausola del contratto è vessatoria. E avvisare il debitore medesimo che entro quaranta giorni può proporre l’opposizione per far accertare la natura abusiva della clausola che ha effetti sull’ingiunzione di pagamento.
Inizierà un nuovo processo volto a giudicare dell’eventuale legittimità del contratto, durante il quale il giudice può sospendere l’esecutorietà del decreto ingiuntivo (e quindi del pignoramento). All’esito del giudizio, non appena il giudice avrà accertato la presenza della clausola abusiva, il pignoramento cesserà definitivamente e quindi la casa tornerà al debitore.
Inoltre rispetto al passato, già in fase di richiesta del decreto ingiuntivo, il giudice dovrà richiedere al creditore, o presunto tale, di produrre il contratto su cui si basa il credito e, eventualmente, rigettare o accogliere solo parzialmente la richiesta di decreto ingiuntivo se rileva l’abusività della clausola, ovvero se l’istruttoria sulla natura vessatoria della clausola risulta troppo complessa perché ad esempio richiede di assumere testimonianze o svolgere una consulenza tecnica d’ufficio. A quel punto il creditore dovrà avviare un processo ordinario di accertamento del proprio credito.
Se invece il Giudice emetterà il decreto ingiuntivo dovrà motivare sul punto: l’obbligo di motivazione espressa è infatti funzionale a informare il consumatore che il giudice del monitorio ha svolto il controllo d’ufficio sulla presenza di clausole abusive nel contratto sotteso al credito azionato.
Poiché, ad oggi, praticamente tutti i decreti ingiuntivi emessi sono privi di tale delibazione in merito al controllo sull’abusività delle clausole incidenti sul credito azionato in via monitoria, ciò consente a chi sta subendo un pignoramento e ha la casa all’asta di bloccare tutta la procedura e di presentare un’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo. Il tutto fino al momento della vendita o dell’assegnazione del bene o del credito. In tal caso il consumatore può soltanto attivare un altro giudizio per chiedere il risarcimento del danno.
Quali sono le clausole abusive nei contratti?
Il Codice del Consumo considera sempre nulle – benché oggetto di specifica trattativa – le clausole che abbiano per oggetto o effetto (art. 36 c. 2 Cod. Cons):
a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista;
b) escludere o limitare le azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;
c) prevedere l’adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto.
In base all’art. 36, le clausole vessatorie vengono considerate nulle, mentre il contratto rimane valido; la nullità opera solo a vantaggio del consumatore, e può essere rilevata d’ufficio dal giudice.
L’art. 33 c. 2 contiene un elenco non tassativo delle clausole che si presumono vessatorie. A tal proposito, può parlarsi di “lista grigia” (e non una lista nera), in quanto le clausole ivi contenute sono vessatorie solo fino a prova contraria. Si presumono vessatorie le clausole elencate nell’art. 33 c. 2 Cod. Cons. a meno che l’imprenditore o il professionista:
1.dimostri che la clausola è stata oggetto di trattativa individuale (art. 34 c. 4 e 5 Cod. Cons.),
2.dimostri che la clausola non è vessatoria.
Quali sono le clausole che si presumono vessatorie?
Ebbene per l’art. 33 comma 2 del D.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 si presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di:
a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista;
b) escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;
c) escludere o limitare l’opportunità da parte del consumatore della compensazione di un debito nei confronti del professionista con un credito vantato nei confronti di quest’ultimo;
d) prevedere un impegno definitivo del consumatore mentre l’esecuzione della prestazione del professionista è subordinata ad una condizione il cui adempimento dipende unicamente dalla sua volontà;
e) consentire al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest’ultimo non conclude il contratto o recede da esso, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il doppio della somma corrisposta se è quest’ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere;
f) imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d’importo manifestamente eccessivo;
g) riconoscere al solo professionista e non anche al consumatore la facoltà di recedere dal contratto, nonché consentire al professionista di trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia il professionista a recedere dal contratto;
h) consentire al professionista di recedere da contratti a tempo indeterminato senza un ragionevole preavviso, tranne nel caso di giusta causa;
i) stabilire un termine eccessivamente anticipato rispetto alla scadenza del contratto per comunicare la disdetta al fine di evitare la tacita proroga o rinnovazione;
l) prevedere l’estensione dell’adesione del consumatore a clausole che non ha avuto la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto;
m) consentire al professionista di modificare unilateralmente le clausole del contratto, ovvero le caratteristiche del prodotto o del servizio da fornire, senza un giustificato motivo indicato nel contratto stesso;
n) stabilire che il prezzo dei beni o dei servizi sia determinato al momento della consegna o della prestazione;
o) consentire al professionista di aumentare il prezzo del bene o del servizio senza che il consumatore possa recedere se il prezzo finale è eccessivamente elevato rispetto a quello originariamente convenuto;
p) riservare al professionista il potere di accertare la conformità del bene venduto o del servizio prestato a quello previsto nel contratto o conferirgli il diritto esclusivo d’interpretare una clausola qualsiasi del contratto;
q) limitare la responsabilità del professionista rispetto alle obbligazioni derivanti dai contratti stipulati in suo nome dai mandatari o subordinare l’adempimento delle suddette obbligazioni al rispetto di particolari formalità;
r) limitare o escludere l’opponibilità dell’eccezione d’inadempimento da parte del consumatore;
s) consentire al professionista di sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti dal contratto, anche nel caso di preventivo consenso del consumatore, qualora risulti diminuita la tutela dei diritti di quest’ultimo;
t) sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, limitazioni all’adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell’onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi;
u) stabilire come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore;
v) prevedere l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo come subordinati ad una condizione sospensiva dipendente dalla mera volontà del professionista a fronte di un’obbligazione immediatamente efficace del consumatore. È fatto salvo il disposto dell’articolo 1355 del codice civile;
v-bis) imporre al consumatore che voglia accedere ad una procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dal titolo II-bis della parte V, di rivolgersi esclusivamente ad un’unica tipologia di organismi ADR o ad un unico organismo ADR;
v-ter) rendere eccessivamente difficile per il consumatore l’esperimento della procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie prevista dal titolo II-bis della parte V.
Cosa deve fare oggi chi ha una casa all’asta?
Chi ha un pignoramento in corso dovrà quindi rivolgersi immediatamente alla consulenza di un avvocato esperto in diritto del consumo o in diritto bancario al fine di far valutare l’eventuale presenza di clausole abusive all’interno del contratto e chiedere quindi che venga presentata opposizione all’esecuzione. Opposizione per la quale, come detto, non ci sono termini di scadenza se non l’assegnazione dell’immobile pignorato all’offerente.