Termini previsti per l’opposizione all’esecuzione, opposizione agli atti esecutivi ed opposizione di terzo.
Nel caso di aggiudicazione di immobile all’asta, fino a quando è possibile proporre opposizione all’esecuzione, opposizione agli atti esecutivi ed opposizione di terzo? Lo chiarisce la Suprema Corte in diverse sentenze.
La sentenza più recente (Cassazione civile sez.III 10 febbraio2015 n.2472) ha preso il riferimento dell’articolo 2929 del codice civile che stabilisce: “la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita o l’assegnazione non ha effetto riguardo all’acquirente o all’assegnatario, salvo il caso di collusione con il creditore procedente. Gli altri creditori non sono in nessun caso tenuti a restituire quanto hanno ricevuto per effetto dell’esecuzione”
Da tale norma deriva il principio in forza del quale il debitore ha l’onere di attivarsi per rilevare la nullità della procedura non solo entro i termini fissati dall’art.617 del codice di procedura civile (20 giorni dalla conoscenza dell’atto di esecuzione), ma soprattutto prima della vendita. Difatti una volta intervenuta la vendita, si viene a determinare uno sbarramento alla proponibilità di opposizioni ex art.617 c.p.c., intendendosi in tal modo tutelare l’affidamento incolpevole dell’acquirente e la stabilità della procedura di esecuzione forzata, anche al fine di incentivare l’acquisto dei beni posti ad incanto.
La Corte di Cassazione con sentenza del 27 agosto 2014 n.18312, ha ribadito tale principio anche con riferimento al regime delle altre opposizioni all’esecuzione forzata.
Pertanto, il principio affermato dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n.2472 del 2015 è il seguente: “ove sopravvenga l’accertamento dell’inesistenza di un titolo idoneo a giustificare l’esercizio dell’azione esecutiva, non viene meno l’acquisto dell’immobile pignorato, da parte del terzo nell’ambito di procedura espropriativa conforme alle normative, salvo dimostrazione di collusione tra il terzo acquirente del bene e il creditore procedente (nella specie, relativa ad una espropriazione immobiliare esattoriale, l’opponente aveva fatto valere la nullità assoluta di tutti gli atti della procedura esecutiva derivante dalla omessa notifica, ai sensi dell’art.78 comma 2 del d.p.r. n.602/73, dell’avviso di vendita che pur risultando notificato a mezzo del servizio postale con raccomandata riportava in calce all’avviso di ricevimento una firma del destinatario non corrispondente alla sua; la Corte ha rilevato che tale vizio, seppure sussistente, non poteva essere opposto all’aggiudicatario in difetto di una qualsiasi prova di collusione del terzo con il creditore procedente)”.
Sul punto vale la pene evidenziare che il principio enunciato è in linea con quanto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 21110 del 2012 le quali hanno anche precisato che “resta salvo il diritto dell’esecutato di far proprio il ricavato della vendita e di agire per risarcimento dell’eventuale danno nei confronti di chi, agendo senza la normale prudenza, abbia dato corso al procedimento esecutivo in difetto di un titolo idoneo.”
Le sezioni unite hanno risolto un contrasto in ordine alla valenza interpretativa da attribuire alla disposizione dell’art. 2929 del codice civile.