Una sentenza storica, emessa il 26 settembre 2025 dal Tribunale civile di Asti, ha riconosciuto per la prima volta in modo chiaro e documentato il nesso causale tra la vaccinazione anti-Covid e una grave malattia neurologica: la mielite trasversa infiammatoria. La decisione riguarda una donna di 52 anni, titolare di una tabaccheria ad Alba (Cuneo), che dopo aver ricevuto due dosi del vaccino Comirnaty (Pfizer-BioNTech) nel 2021 ha sviluppato una patologia rara e invalidante, con conseguenze permanenti sulla sua vita quotidiana.
Che cos’è la mielite trasversa?
La mielite trasversa è un’infiammazione acuta del midollo spinale che può provocare danni neurologici gravi. I sintomi compaiono spesso in modo improvviso e includono:
- forte dolore alla schiena;
- sensazione di “fascia” stretta intorno al torace o all’addome;
- debolezza muscolare;
- formicolii e intorpidimento;
- difficoltà a camminare;
- problemi urinari o intestinali;
- nei casi più gravi, paralisi.
Secondo la medicina attuale, questa patologia è considerata autoimmune: il sistema immunitario, per motivi non sempre chiari, attacca erroneamente il midollo spinale. In alcuni casi, però, un evento scatenante – come un’infezione o, appunto, una vaccinazione – può innescare questa reazione anomala.
Nel caso della donna piemontese, i medici dell’ospedale in cui è stata ricoverata nel febbraio 2022 avevano già scritto nel referto di dimissione che “non è escludibile un ruolo scatenante vaccinico”.
La richiesta di indennizzo e la sentenza
La donna aveva presentato una domanda di indennizzo al Ministero della Salute, come previsto dalla Legge n. 210 del 1992, che tutela chi subisce lesioni o infermità permanenti a causa di:
- vaccinazioni obbligatorie;
- trasfusioni;
- somministrazioni di emoderivati.
Tuttavia, la sua richiesta era stata respinta in via amministrativa. Non arrendendosi, ha deciso di rivolgersi al tribunale.
Il giudice ha nominato due consulenti tecnici d’ufficio (CTU), esperti in medicina legale e neurologia, che hanno analizzato tutta la documentazione clinica. La loro perizia ha concluso che esiste un nesso di causalità tra la vaccinazione anti-Covid e l’insorgenza della mielite trasversa.
Due elementi sono stati decisivi per la sentenza:
- La breve distanza temporale tra la somministrazione del vaccino e la comparsa dei primi sintomi (pochi mesi);
- I dati dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), che al 2022 aveva registrato 593 casi di mielite trasversa segnalati dopo la vaccinazione anti-Covid.
Indennizzo, non risarcimento: una differenza fondamentale
È importante chiarire un aspetto spesso frainteso: la donna non ha ottenuto un risarcimento del danno, ma un indennizzo. Questo significa che:
- Non si sta accusando il vaccino di essere “difettoso”;
- Non si sta chiedendo un risarcimento per colpa o negligenza;
- Si sta semplicemente applicando una legge assistenziale dello Stato, che prevede un sostegno economico a chi subisce danni gravi in seguito a interventi sanitari di interesse pubblico.
L’indennizzo riconosciuto è di circa 3.000 euro al mese, pagati ogni due mesi dal Ministero della Salute.
Una sentenza di primo grado, ma con grande valore simbolico
La decisione del Tribunale di Asti è di primo grado, quindi non definitiva: il Ministero potrà presentare appello. Tuttavia, questa sentenza rappresenta un precedente importante.
Negli ultimi anni, alcuni tribunali italiani avevano già riconosciuto indennizzi in casi analoghi, ma mai con una motivazione così chiara e supportata da perizie mediche solide. Questa pronuncia potrebbe aprire la strada a nuove richieste da parte di altre persone che hanno subito danni neurologici dopo la vaccinazione anti-Covid.
La sentenza sottolinea un principio fondamentale: la tutela dei cittadini danneggiati non deve essere sacrificata sull’altare dell’urgenza sanitaria, nemmeno in tempi di pandemia. Anche se gli eventi avversi gravi sono rari, quando si verificano lo Stato ha il dovere di intervenire.
Cosa dice la legge?
La Legge 25 febbraio 1992, n. 210 prevede espressamente:
«Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicazioni di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati.»
Anche se il vaccino anti-Covid non era tecnicamente “obbligatorio” per tutti, la legge è stata estesa anche ai casi in cui la vaccinazione è stata fortemente raccomandata o resa obbligatoria per categorie specifiche (come sanitari, insegnanti, forze dell’ordine). Inoltre, la giurisprudenza sta progressivamente riconoscendo che l’interesse collettivo alla vaccinazione giustifica l’applicazione della tutela anche in questi casi.
Conclusioni
Questa sentenza non mette in discussione l’utilità dei vaccini né la campagna vaccinale contro il Covid-19. Al contrario, riconosce che la salute pubblica e la giustizia individuale devono camminare insieme. Quando un cittadino paga un prezzo altissimo per proteggere se stesso e la comunità, non deve restare solo.