Il dibattito sul futuro di pensioni e sanità in Italia non è più rinviabile. Con l’invecchiamento della popolazione, il calo delle nascite e la pressione crescente sui conti pubblici, il sistema welfare mostra segni di affaticamento strutturale. Alcuni osservatori parlano addirittura di “collasso imminente”, non per allarmismo, ma per la mancanza di riforme organiche capaci di coniugare sostenibilità economica ed equità sociale.
In questo contesto, si riaffaccia con forza una proposta “shock” già discussa in passato: l’introduzione di un prelievo straordinario sul patrimonio delle famiglie italiane, finalizzato a ricapitalizzare il Fondo di garanzia per le pensioni e a sostenere il Servizio Sanitario Nazionale (SSN). L’idea, per quanto controversa, nasce dalla constatazione che il 70% della ricchezza nazionale è detenuto da famiglie e non è soggetto a tassazione diretta se non in casi specifici (ad esempio, con l’IMU o la tassa di successione).
Il quadro normativo: tra Costituzione e vincoli europei
L’articolo 38 della Costituzione italiana riconosce il diritto alla previdenza sociale e alla tutela della salute come diritti fondamentali. Tuttavia, la Corte Costituzionale ha più volte chiarito che tali diritti devono essere garantiti “nei limiti delle risorse disponibili” (sentenza n. 107/2018). Questo principio è stato ribadito anche dalla Corte di Cassazione, che ha sottolineato come il legislatore goda di un ampio margine di discrezionalità nella scelta degli strumenti di finanziamento del welfare, purché non si violino i principi di ragionevolezza e non discriminazione (Cass. Civ., Sez. Lavoro, n. 15232/2020).
Al contempo, l’Unione Europea impone vincoli di bilancio stringenti, che limitano la capacità di ricorrere a deficit pubblici elevati per finanziare pensioni o sanità. Di qui l’idea di attingere a risorse interne non ancora tassate in modo strutturale.
La proposta di patrimoniale “mirata”
La misura ipotizzata non è una patrimoniale generalizzata, bensì un prelievo progressivo e temporaneo, applicato solo sui patrimoni oltre una certa soglia (ad esempio, 500.000 euro escludendo la prima casa). L’obiettivo è evitare effetti recessivi e tutelare il ceto medio, colpendo solo chi ha capacità contributiva effettiva.
Dal punto di vista giuridico, una simile misura sarebbe compatibile con il principio di capacità contributiva sancito dall’articolo 53 della Costituzione, purché rispetti i canoni di proporzionalità e temporaneità. La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 27/2015, ha infatti ammesso la legittimità di prelievi straordinari in situazioni di “necessità eccezionale”, purché non si traducano in confisca o in violazione del diritto di proprietà (art. 42 Cost.).
Le critiche e le alternative
Molti economisti e giuristi sollevano dubbi sulla reale efficacia di una patrimoniale una tantum. Senza una riforma strutturale del sistema pensionistico (ad esempio, un ritorno a un modello contributivo puro con meccanismi di indicizzazione più sostenibili) e senza un ripensamento della governance sanitaria (con maggiore efficienza e lotta agli sprechi), qualsiasi intervento rischia di essere un semplice palliativo.
Inoltre, la Corte di Cassazione ha più volte ricordato che il sistema previdenziale deve garantire “un equilibrio intergenerazionale” (Cass. n. 22341/2019), evitando che i costi del welfare gravino in modo sproporzionato su una sola generazione.
Conclusioni: oltre l’emergenza, serve visione
Affrontare la crisi di pensioni e sanità richiede coraggio politico, ma anche competenza tecnica e senso di responsabilità sociale. Una patrimoniale “shock” potrebbe offrire liquidità immediata, ma non risolve i nodi strutturali. Serve invece un patto intergenerazionale, fondato su trasparenza, equità e sostenibilità, capace di coniugare diritti costituzionali e vincoli economici reali.
Come ha affermato la Corte Costituzionale nella sentenza n. 178/2021: “Il diritto alla salute e alla previdenza non può essere sacrificato sull’altare del mero pareggio di bilancio, ma neppure ignorare i limiti oggettivi delle finanze pubbliche”. Il punto, come sempre, sta nel giusto equilibrio.

