La donazione è un atto giuridico con cui una persona – il donante – arricchisce un’altra – il donatario – per spirito di liberalità, trasferendogli un bene o un diritto. Si tratta di un contratto solenne, che richiede forma scritta (e, per i beni immobili, atto pubblico), e che, una volta perfezionato, produce effetti immediati e, in linea di massima, irrevocabili.
Tuttavia, il nostro ordinamento prevede alcune eccezioni ben precise, casi in cui è possibile revocare una donazione già perfezionata. Vediamo quali sono, alla luce della normativa civile e della giurisprudenza consolidata.
1. Revoca per ingratitudine (art. 801 c.c.)
Il donante può chiedere la revoca della donazione se il donatario ha commesso gravi atti nei suoi confronti. L’articolo 801 del Codice Civile elenca tre ipotesi tassative:
- se il donatario ha attentato alla vita del donante;
- se ha commesso gravi ingiurie verso di lui;
- se si è rifiutato di prestargli gli alimenti di cui era tenuto.
In questi casi, la revoca non è automatica: deve essere richiesta entro un anno dal momento in cui il donante ha avuto conoscenza del fatto, e comunque entro cinque anni dal compimento dell’atto ingrato.
La Corte di Cassazione ha chiarito che “la revoca per ingratitudine è ammessa solo nei casi tassativamente previsti dall’art. 801 c.c., che non possono essere ampliati per analogia”.
2. Revoca per sopravvenienza di figli (art. 803 c.c.)
Un’altra ipotesi di revoca riguarda la sopravvenienza di figli. Se il donante, al momento della donazione, ignorava di aspettare un figlio o di averne uno (ad esempio, per una nascita occulta o un riconoscimento tardivo), può revocare la donazione entro un anno dalla nascita o dal riconoscimento del figlio.
Questa facoltà è riconosciuta anche se il donante ha altri figli: la legge tutela infatti il nuovo nato, per garantirgli una quota equa del patrimonio familiare.
La Cassazione ha precisato che “la revoca per sopravvenienza di figli è un diritto potestativo del donante, che non richiede il consenso del donatario né l’intervento del giudice per la sua efficacia, ma necessita di un atto formale di revoca”.
3. Revoca per inadempimento dell’onere (art. 805 c.c.)
Se la donazione è stata fatta a carico di un onere (ad esempio, l’obbligo di assistere il donante nella vecchiaia o di pagare un debito), e il donatario non lo adempie, il donante può chiedere la revoca.
In questo caso, però, la revoca non è automatica: il giudice valuterà la gravità dell’inadempimento e, se proporzionato, potrà disporre la risoluzione della donazione o la riduzione del suo valore.
Secondo la giurisprudenza, “l’inadempimento dell’onere da parte del donatario legittima la revoca della donazione solo se tale inadempimento è grave e definitivo, e non meramente occasionale o parziale”.
4. Azione revocatoria ordinaria (art. 2901 c.c.)
Infine, se la donazione ha leso i diritti dei creditori (ad esempio, il donante si è spogliato del patrimonio per sottrarsi al pagamento di debiti), i creditori possono esperire l’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c., purché dimostrino il dolo del donante e la consapevolezza del donatario.
La Corte di Cassazione ha ribadito che “l’azione revocatoria ordinaria è esperibile anche nei confronti di atti di liberalità, come la donazione, qualora essi abbiano pregiudicato le ragioni dei creditori”.
In conclusione
La donazione, pur essendo un atto di generosità, non è sempre un punto di non ritorno. Il legislatore ha previsto strumenti di tutela per il donante e per i terzi (come i creditori o i figli nati dopo la donazione), bilanciando libertà individuale e giustizia sostanziale.
Tuttavia, data la complessità delle fattispecie e i rigidi termini di decadenza, è sempre consigliabile affidarsi a un professionista prima di intraprendere qualsiasi azione legale.

