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Opposizione all’asta

Opposizione all’asta

La recente sentenza n. 9479/2023 delle Sezioni Unite della Cassazione ha restituito un barlume di speranza in chi ha la casa all’asta per un debito con la banca o la finanziaria. La Corte ha infatti detto che è ben possibile opporsi al pignoramento – nonostante la scadenza dei termini – se il contratto sottoscritto dal debitore presenta una o più “clausole abusive”. Cosa sono le clausole abusive? Sono condizioni contrattuali particolarmente onerose e svantaggiose per chi le ha sottoscritte. Esse sono pertanto da ritenersi illegittime ai sensi della normativa europea. Ma quali sono queste clausole (che la nostra legge chiama anche “vessatorie”)? Quando il #mutuo è #illegittimo e si può fare opposizione all’asta? A chiarirlo è stato il tribunale di Milano grazie a un pool di magistrati esperti di contrattualistica.

Tra le clausole abusive contrarie al codice del consumo e alla direttiva 93/13/Cee che possono determinare l’illegittimità del debito e quindi, con esso, anche del pignoramento, vi sono:

  • la clausola che deroga alla competenza del giudice o alla giurisdizione: si tratta della clausola che stabilisce, quale tribunale competente per decidere eventuali controversie, uno diverso da quello del luogo di residenza del debitore (in violazione della norma inderogabile del codice del consumo che invece impone quest’ultimo come unico ed esclusivo);
  • la clausola penale di importo manifestamente eccessivo;
  • la clausola che prevede interessi di mora da ritardato pagamento ad un tasso manifestamente eccessivo: come noto, tale tasso non può mai essere usurario o comunque superiore al saggio previsto dal d.lgs. n. 231/2002 (fanno eccezione i contratti bancari, ad esempio sulle carte di credito revolving, che prevedono tassi corrispettivi più alti);
  • la clausola risolutiva espressa: è quella che, in caso di inadempimento, impone al consumatore di pagare a titolo di penale l’importo che avrebbe versato come corrispettivo se il contratto non fosse stato dichiarato risolto;
  • la clausola che prevede, nei contratti di durata (come il mutuo), la decadenza del consumatore dal beneficio del termine, imponendogli cioè la restituzione immediata di tutte le somme, nel caso di inadempimento anche di una sola rata o simili (tale clausola viola l’articolo 33, co. 2, lett. O) del Codice del Consumo);
  • la clausola che prevede, a carico del consumatore, l’obbligo di pagare il professionista con tariffa oraria senza che sia indicato l’impegno orario prevedibile o almeno determinato un impegno/monte orario massimo.
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