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crisi da sovraindebitamento (legge n. 3 del 2012)

crisi da sovraindebitamento (legge n. 3 del 2012)

Con la legge n. 3 del 2012 , al fine di contrastare l’usura e l’estorsione, il legislatore ha introdotto una nuova tipologia di concordato per comporre le crisi di liquidità di debitori, ai quali non si applicano le ordinarie procedure concorsuali. Viene a tal fine disciplinato l’innovativo istituto della composizione delle crisi da sovraindebitamento, definito come una situazione di perdurante squilibrio economico fra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, nonché la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni; tale situazione può determinarsi a carico di famiglie o di imprenditori non soggetti alle procedure fallimentari.

Il provvedimento delinea una procedura modellata sull’istituto del concordato fallimentare: la legge contempla lo strumento dell’accordo con i creditori, su proposta del debitore, sulla base di un piano di ristrutturazione dei debiti.

Su questo quadro normativo è poi intervenuto il decreto-legge n. 179 del 2012  che (art. 18) ha riformato il Capo II della legge 3/2012 introducendo un ulteriore procedimento per la composizione delle crisi da sovraindebitamento del consumatore, definito come il «debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta». Egli potrà – con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi – proporre al giudice un piano di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti.

L’omologazione da parte del giudice dell’accordo presuppone l’accettazione da parte dei creditori che rappresentano almeno il 60 per cento dei crediti e prevede il coinvolgimento degli “organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento”. Questi ultimi, costituiti ad hoc da enti pubblici e iscritti in apposito registro, svolgono in generale attività di assistenza al debitore per superare la crisi di liquidità, nonché di soluzione delle eventuali difficoltà insorte nell’esecuzione dell’accordo e di vigilanza sull’esatto adempimento dello stesso.

L’omologazione del piano da parte del giudice sarà fondata su un giudizio di meritevolezza della condotta del debitore (basato sulla ragionevolezza della prospettiva di adempimento delle obbligazioni) e sulla sua mancanza di colpa nella determinazione del sovraindebitamento. In caso di contestazioni da parte dei creditori, il giudice procederà all’omologazione soltanto se riterrà che il singolo credito possa essere meglio soddisfatto dal piano rispetto a quanto non sarebbe in caso di liquidazione del patrimonio del debitore.

Inoltre, il decreto-legge ha dettato una serie di disposizioni comuni ad entrambi i procedimenti incidendo sul contenuto del piano (sia esso prospettato dal debitore in prospettiva di un accordo, sia invece formulato dal consumatore), prevedendo la possibilità di un pagamento anche non integrale dei creditori privilegiati (con l’esclusione di determinati crediti tributari e previdenziali, dei quali è possibile la sola dilazione di pagamento).

Per quanto riguarda invece la posizione dei creditori rimasti estranei all’accordo proposto dal debitore, il decreto-legge ha ritenuto che questi siano sufficientemente tutelati dalla valutazione – dell’organismo di composizione della crisi e poi del tribunale – sulla convenienza dell’accordo di ristrutturazione rispetto alla liquidazione dei beni del debitore.

Il legislatore ha dunque introdotto una procedura alternativa, di liquidazione di tutti i beni del debitore, anche se consumatore, che subordina al verificarsi di determinate condizioni e a uno specifico giudizio del tribunale l’effetto di esdebitazione per i crediti non soddisfatti.

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