Cass. pen., sez. IV, 28 novembre 2022 (u.p. 9 novembre 2022), n. 45131 – Pres. Ferranti – Est. Pezzella – P.M. (Conf.) Lignola.
In caso d’infortunio mortale occorso a un lavoratore entrato per ragioni meramente personali all’interno di un’azienda diversa dalla propria, ma facente capo al medesimo amministratore della propria, risponde di omicidio colposo in danno di un terzo il predetto amministratore, qualora l’infortunio sia stato determinato dalla omessa adozione delle necessarie misure antinfortunistiche.
La Corte Suprema continua ad apparire divisa in ordine a un quesito:
in caso di decesso o lesione a carico di un terzo presente nel luogo di lavoro, a quali condizioni il reato di omicidio colposo o lesione personale colposa è aggravato dalla circostanza della violazione di norme antinfortunistiche di cui agli artt. 589, comma 2, e 590, comma 3, c.p., e il reato di lesione personale colposa grave o gravissima è perseguibile?
la sentenza qui commentata, è relativa all’infortunio subito dal dipendente di una Srl che, «avendo fatto accesso alla guida della sua automobile al fronte di cava gestito da altra Srl senza incontrare alcun ostacolo o impedimento o allarme e ciò nonostante fosse imminente il brillamento dì circa sei quintali di esplosivo, veniva attinto e sepolto vivo da migliaia di tonnellate di pietra distaccatesi dal fronte a seguito dell’esplosione».
Una situazione, questa, di “promiscuità” tra le due Srl, derivante da più fattori: condivisione degli spazi da esse usati per lo svolgimento delle reciproche attività produttive, accesso in comune all’impianto di betonaggio ed a quello di cava, proprietà in capo all’una Srl dei due impianti utilizzati dall’altra Srl per la produzione del conglomerato cementizio bituminoso, identità della proprietà delle due Srl in capo alla medesima persona.
Nel confermare la condanna di tale persona, la Sez. IV ritiene che «l’insussistenza di un rapporto di dipendenza fra l’infortunato e la Srl esercente la cava non costituisca un ostacolo alla operatività della posizione di garanzia in capo all’imputato, in qualità di amministratore della predetta società».
Segnala «la consolidata giurisprudenza della Corte di legittimità, per cui in tema di prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro, le norme antinfortunistiche sono dettate a tutela non soltanto dei lavoratori nell’esercizio della loro attività, ma anche dei terzi che si trovino nell’ambiente di lavoro, indipendentemente dall’esistenza di un rapporto di dipendenza con il titolare dell’impresa, di talché, ove in tali luoghi si verifichino a danno del terzo i reati di lesioni o di omicidio colposi, è ravvisabile la colpa per violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, purché sussista tra siffatta violazione e l’evento dannoso un legame causale e la norma violata miri a prevenire l’incidente verificatosi, e sempre che la presenza di soggetto passivo estraneo all’attività ed all’ambiente di lavoro, nel luogo e nel momento dell’infortunio, non rivesta carattere di anormalità, atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere interrotto il nesso eziologico».
Considera, pertanto, irrilevante che «non si sia trattato di un infortunio sul lavoro perché l’infortunato in quel luogo non stava svolgendo la propria prestazione lavorativa, ma c’era entrato per ragioni personali».
Afferma che «quel soggetto andava tutelato dal garante della sicurezza come qualsiasi altro terzo, ed invece la riscontrata assenza di presidi e le plurime omissioni ascritte all’imputato hanno fatto sì che egli potesse tranquillamente entrare con la propria auto nella cava al momento dell’esplosione».