Il Governo sta preparando una nuova forma di “pace fiscale”, chiamata rottamazione, ma non è quella che in molti si aspettano. Non si tratta infatti di un’amnistia generale per tutti i debiti verso il fisco, bensì di un’operazione molto selettiva, pensata per una categoria ristretta di contribuenti: i cosiddetti “debitori buoni”.
Chi sono questi “debitori buoni”? Sono coloro che hanno presentato correttamente la dichiarazione dei redditi o l’IVA, ma non sono riusciti a pagare le somme dovute o hanno commesso errori nel versamento. A loro sarà offerta la possibilità di rateizzare il debito fino a nove anni (108 rate), senza dover pagare subito una maxi rata iniziale, come invece accadeva nelle edizioni precedenti della rottamazione.
Questa scelta, però, esclude deliberatamente chi non ha dichiarato i propri redditi o è stato scoperto a evadere. In pratica, chi ha ricevuto un avviso di accertamento non potrà accedere alla sanatoria. Vengono esclusi anche i debiti legati a multe e tributi locali, come ad esempio la Tari o l’Imu. Questo significa che migliaia di cittadini con cartelle comunali rimarranno fuori dal beneficio.
Perché il Governo ha scelto una linea così restrittiva?
La risposta è semplice: le casse dello Stato sono vuote. Le risorse stanziate per questa misura non superano i tre miliardi di euro nell’arco del triennio. Estendere la sanatoria a tutti i debiti, compresi quelli di piccolo importo o quelli derivanti da evasione, sarebbe stato insostenibile dal punto di vista finanziario.
Inoltre, oltre il 90% delle cartelle nel magazzino della riscossione ha un valore inferiore ai 5.000 euro. Rateizzarle tutte su lunghi periodi sarebbe antieconomico per l’amministrazione finanziaria. Meglio, dunque, concentrarsi su debiti più gestibili e con maggiore probabilità di recupero.
Cosa cambia rispetto alle rottamazioni passate?
Due le novità principali:
- Niente maxi rata iniziale: prima bisognava pagare subito una quota consistente (spesso il 10% nelle prime due rate); ora questa barriera viene eliminata.
- Regole più flessibili sulla decadenza: in passato, bastava saltare una sola rata per perdere il beneficio; ora la decadenza scatterà solo dopo il mancato pagamento di almeno due rate non versate.
Inoltre, viene introdotto il concetto di rata minima, fissata a 50 euro. Così, ad esempio, un debito di 2.000 euro potrà essere saldato in 40 rate mensili.
Ma questa rottamazione risolverà davvero il problema del debito fiscale?
Purtroppo no. Il debito fiscale accumulato in Italia supera i 1.200 miliardi di euro, e gran parte di questa somma è ormai inesigibile. Le sanatorie degli anni passati hanno deluso le aspettative: il 58% degli incassi attesi non è mai arrivato, a causa di adesioni “strumentali” — cioè di chi ha aderito solo per bloccare le procedure di recupero coattivo, senza poi pagare.
Per cercare di evitare che si ripeta lo stesso copione, si parla di controlli mirati su chi abbandona il piano di pagamento. Tuttavia, data la cronica carenza di risorse dell’amministrazione finanziaria, questa promessa rischia di restare solo sulla carta.
In sintesi, la nuova rottamazione non è una vera soluzione strutturale, ma un’operazione di cassa: serve a incassare qualcosa subito e a dare un po’ di ossigeno alle finanze pubbliche, ma non affronta le radici del problema. Anzi, rischia di creare disparità tra cittadini, premiando chi ha dichiarato ma non ha pagato, e punendo chi ha avuto problemi con tributi locali o con situazioni più complesse.
Insomma, non è una “pace fiscale” per tutti, ma un bluff selettivo, mascherato da atto di clemenza.