Nel caso di significative variazioni dell’organizzazione del lavoro (tra le quali, come nel caso di specie, rientra la soppressione del posto del lavoratore con disabilità), il datore di lavoro può risolvere il rapporto di lavoro del disabile assunto obbligatoriamente solo nel caso in cui la speciale commissione medica, di cui all’art. 10, comma 3 L. n. 68/1999, accerti la definitiva impossibilità di reinserirlo all’interno dell’azienda, anche attuando i possibili adattamenti dell’organizzazione del lavoro.
Questo quanto deciso dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 18094 del 2 luglio 2024.
1. La vicenda processuale
La Corte d’Appello di l’Aquila confermava la pronuncia di primo grado di legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo per soppressione del posto di lavoro intimato dall’azienda a un lavoratore con disabilità assunto obbligatoriamente in base alla L. n. 68/1999.
I giudici di secondo grado accertavano sia la sussistenza della soppressione del posto al quale era adibito il lavoratore sia l’adempimento dell’obbligo di repêchage in capo al datore di lavoro; il dipendente non era, infatti, in possesso dei necessari titoli abilitativi per poter condurre mezzi speciali, non aveva esperienze pregresse nelle mansioni impiegatizie e, inoltre, era oggetto di prescrizioni mediche che precludevano lo svolgimento di mansioni di raccolta di rifiuti “porta a porta”.
Il lavoratore proponeva ricorso in Cassazione avverso la pronuncia, denunciando col terzo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 10, comma 3 della L. n. 68/1999.
2. Rapporto di lavoro dei disabili obbligatoriamente assunti
L’art. 10 disciplina alcune ipotesi di licenziamento di lavoratori con disabilità assunti obbligatoriamente.
Il comma 3 prevede che “nel caso di aggravamento delle condizioni di salute o di significative variazioni dell’organizzazione del lavoro, il disabile può chiedere che venga accertata la compatibilità delle mansioni a lui affidate con il proprio stato di salute. Nelle medesime ipotesi il datore di lavoro può chiedere che vengano accertate le condizioni di salute del disabile per verificare se, a causa delle sue minorazioni, possa continuare ad essere utilizzato presso l’azienda. Qualora si riscontri una condizione di aggravamento che, sulla base dei criteri definiti dall’atto di indirizzo e coordinamento di cui all’art. 1, comma 4, sia incompatibile con la prosecuzione dell’attività lavorativa, o tale incompatibilità sia accertata con riferimento alla variazione dell’organizzazione del lavoro, il disabile ha diritto alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro fino a che l’incompatibilità persista.
Gli accertamenti sono effettuati dalla commissione di cui alla L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 4, integrata a norma dell’atto di indirizzo e coordinamento di cui all’articolo 1, comma 4, della presente legge, che valuta sentito anche l’organismo di cui al D.Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469, art. 6, comma 3, come modificato dall’art. 6 della presente legge”.
Il rapporto di lavoro può essere risolto nel caso in cui, anche attuando i possibili adattamenti dell’organizzazione del lavoro, la commissione medica integrata accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all’interno dell’azienda.
3. I chiarimenti della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione reputa fondato il motivo del ricorso, avendo la società proceduto al licenziamento del disabile assunto obbligatoriamente senza rispettare la procedura prevista dall’art. 10, comma 3; la stessa aveva, inoltre, escluso la possibilità di un utilizzo in diverse mansioni del lavoratore sulla base dell’inidoneità fisica allo svolgimento delle mansioni di raccolta di rifiuti “porta a porta”, senza che ciò fosse accertato dalla competente commissione medica integrata.
La specialità della disciplina prevista dalla norma rispetto alle ipotesi di recesso per giustificato motivo oggettivo regolate dal diritto comune si realizza, in relazione all’interesse della persona con disabilità, in un insieme di modalità procedurali, con effetti sulla disciplina del rapporto di lavoro e la sua risoluzione, nello specifico:
- l’accertamento della compatibilità delle mansioni affidate al disabile con il suo stato di salute è demandato alla speciale competenza della commissione medica;
- il lavoratore ha diritto alla sospensione non retribuita del rapporto, qualora la commissione riscontri una condizione di incompatibilità con la prosecuzione dell’attività lavorativa (fino al persistere di tale incompatibilità);
- il rapporto di lavoro potrà essere risolto soltanto nel caso in cui, anche attuando i possibili adattamenti dell’organizzazione del lavoro, la predetta commissione accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all’interno dell’azienda.
La procedura prevista dall’art. 10, comma 3, proprio in ragione della speciale protezione accordata al lavoratore disabile dalla disciplina interna e sovranazionale, non può essere sostituita nemmeno dal giudizio di inidoneità alla mansione espresso dal medico competente nell’ambito della sorveglianza sanitaria.
Occorrerà pertanto, ad avviso della Corte, osservare le modalità procedurali previste dalla norma in oggetto anche nel caso di “significative variazioni dell’organizzazione del lavoro”; tali modalità operano anche nel caso in cui l’azienda sopprima il posto di lavoro al quale è adibito il lavoratore (per ragioni diverse dalla sua disabilità) e si ponga la questione se lo stesso possa essere riutilizzato in azienda in mansioni compatibili con il suo stato di salute.
Il datore di lavoro potrà, quindi, risolvere il rapporto di lavoro solo laddove la commissione medica integrata (organo tecnico in posizione di terzietà) avrà accertato la definitiva impossibilità di reinserimento del lavoratore disabile all’interno dell’azienda, anche attuando i possibili adattamenti nell’organizzazione del lavoro nell’ambito dei c.d. “accomodamenti ragionevoli”.
4. Conclusioni
Il licenziamento del lavoratore con disabilità, assunto ai sensi della normativa sul collocamento obbligatorio, segue la disciplina ordinaria solo quando è motivato dalle comuni ipotesi di giusta causa e giustificato motivo.
Nel caso, invece, in cui ricorrano significative variazioni dell’organizzazione del lavoro (tra le quali rientra anche la soppressione del posto di lavoro del dipendente), non basterà rifarsi ai tradizionali requisiti di legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo (riorganizzazione, nesso di causalità e obbligo di repêchage), ma il datore di lavoro dovrà seguire la procedura delineata dall’art. 10, comma 3 della L. n. 68/1999.
Solo quando la commissione medica integrata avrà accertato l’impossibilità di reinserimento del lavoratore all’interno dell’azienda, anche attuando i possibili adattamenti nell’organizzazione del lavoro nell’ambito dei c.d. “accomodamenti ragionevoli” (si tratta di quelle soluzioni che consentono di continuare ad utilizzare la prestazione del dipendente, a patto che le stesse, quand’anche esistenti, non comportino un sacrificio economico sproporzionato per l’azienda), l’azienda potrà recedere dal rapporto di lavoro.