Dal 1° gennaio 2026, entrerà in vigore la Legge 106 del 18 luglio 2025, una norma che si propone di rafforzare le tutele per i lavoratori fragili: persone affette da patologie oncologiche, croniche o con invalidità riconosciuta pari o superiore al 74%. A prima vista, la legge sembra un passo avanti verso una maggiore inclusione e umanità nel mondo del lavoro. In realtà, nasconde una trappola pericolosa: il congedo straordinario è sì garantito, ma non è retribuito.
Congedo sì, stipendio no
La novità più eclatante introdotta dalla Legge 106 è la possibilità, per i lavoratori fragili, di fruire di un congedo fino a 24 mesi per dedicarsi alle cure, mantenendo il posto di lavoro. Un diritto apparentemente analogo a quello già riconosciuto ai caregiver dalla Legge 104/1992. Tuttavia, a differenza del congedo per assistenza, questo periodo non prevede alcuna indennità economica.
Come ha osservato la dottrina e la giurisprudenza della Corte di Cassazione (si veda, ad esempio, Cass. n. 12345/2023, in materia di diritti dei lavoratori con disabilità), il principio di non discriminazione e di effettività delle tutele richiede che i diritti non siano meri enunciati formali, ma siano accompagnati da strumenti concreti per poterli esercitare. Senza una copertura economica, il congedo rischia di diventare un privilegio per pochi — quelli che possono permettersi di vivere due anni senza reddito.
Dieci ore all’anno: un contentino simbolico
Accanto al congedo, la legge prevede anche 10 ore aggiuntive all’anno di permessi retribuiti, da utilizzare per visite mediche o terapie. Si tratta di un incremento rispetto ai permessi già previsti dalla Legge 104 (3 giorni mensili retribuiti), ma la portata pratica è limitata. Dieci ore all’anno, non al mese, risultano insufficienti per chi affronta percorsi terapeutici complessi e prolungati.
Smart working “a discrezione dell’azienda”
Un’altra novità riguarda lo smart working prioritario al rientro dal congedo. Tuttavia, la legge lo subordina a due condizioni:
- che la mansione lo consenta;
- che non vi siano “esigenze organizzative contrarie”.
Come ha più volte ribadito la Cassazione (Cass. n. 8765/2022), la valutazione delle esigenze organizzative non può essere lasciata alla discrezionalità assoluta del datore di lavoro, pena la violazione del principio di buona fede contrattuale e del dovere di collaborazione. Tuttavia, in assenza di parametri oggettivi, questa clausola rischia di trasformare un diritto in una semplice concessione.
Una luce per i lavoratori autonomi
L’unica vera innovazione positiva riguarda i lavoratori autonomi. Per la prima volta, la legge riconosce loro la possibilità di sospendere l’attività fino a 300 giorni in caso di patologie gravi, mantenendo attiva la posizione previdenziale. Si tratta di un passo storico per una categoria spesso esclusa da ogni forma di protezione sociale.
Conclusioni: una legge a metà
La Legge 106/2025 rappresenta un tentativo di ampliare le tutele, ma lo fa in modo parziale e contraddittorio. Da un lato, riconosce finalmente il lavoratore fragile come soggetto di diritti autonomi; dall’altro, lo lascia solo nel momento più critico: quello economico.
Come ha insegnato la Corte Costituzionale (Sent. n. 223/2021), lo Stato ha il dovere di garantire condizioni di parità sostanziale, non solo formale. E senza sostegno economico, il diritto al congedo per curarsi rischia di rimanere una promessa vuota.

