Collaborazioni a progetto: cos’è cambiato dopo il Jobs Act?
Con l’entrata in vigore del d.lgs. 25 giugno 2015, n. 81, è stata prevista l’abolizione collaborazioni a progetto e delle collaborazioni occasionali (cd. “mini cococo”) e non è più perciò possibile instaurare nuovi contratti a progetto,.
Quelli in essere alla data di entrata in vigore possono proseguire fino ad un massimo di 6 mesi.
Dal 1° gennaio 2016 tutte le collaborazioni di tipo parasubordinato o nella forma di lavoro autonomo che si configurano come prestazioni esclusivamente personali organizzate dal committente, tempi e luogo, sono intese come rapporto di lavoro subordinato.
E affinché vi sia la presunzione di lavoro subordinato, il Jobs Act prevede che debbano ricorrere, contemporaneamente 3 condizioni:
- la collaborazione deve essere continuativa;
- deve essere esclusivamente personale;
- deve essere organizzata dal committente con riferimento ai tempi e luogo di lavoro in cui viene svolta la prestazione.
Per cui, al verificarsi di queste tre condizioni, la collaborazione è intesa come rapporto subordinato e quindi trasformata in automatico in un vero contratto da dipendente a tempo indeterminato.
La nuova norma, però, ha previsto quattro ipotesi in cui la suddetta presunzione di subordinazione, non si applica:
- per collaborazioni realizzate sulla base di accordi collettivi nazionali sindacali, in presenza d determinate esigenze produttive e tecniche di uno specifico settore;
- per collaborazioni per professionisti intellettuali con obbligo iscrizione agli albi (ad es. giornalisti, avvocati, ingegneri);
- per attività specifiche prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;
- per prestazioni di lavoro rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I. come individuati e disciplinati dall’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
In altri termini, può ancora essere stipulato un contratto a progetto quando questo sia da ricondurre a una delle ipotesi sopra riportate.
La legge, al fine di disincentivare il ricorso al lavoro autonomo occasionale e alle previsioni residuali di contratto di lavoro a progetto, ha previsto un aumento graduale delle aliquote contributive per il finanziamento della prestazione di disoccupazione per i collaboratori autonomi (la cosiddetta “Dis-Coll”). L’aliquota, che deve essere pagata per 2/3 dall’impresa e per 1/3 dal lavoratore, è per il 2017 pari al 33,23%.
Per le pubbliche amministrazioni le disposizioni si applicano a partire dal 1° gennaio 2017 mentre sono aboliti i contratti di associazione in partecipazione con apporto di solo lavoro ed il lavoro ripartito (cosiddetto “job sharing”).
Come sono cambiate le collaborazioni occasionali dopo il Jobs Act?
Le collaborazioni occasionali con prestazione dell’attività non superiore a 30 giorni per lo stesso committente, compenso inferiore a 5000 euro all’anno ed obbligo di iscrizione alla gestione separata INPS (cd. mini cococo) sono state abolite.
Pertanto a partire dal 25 giugno 2015, questo tipo di prestazioni insieme alle collaborazioni a progetto non possono essere più instaurate.
Per avvalersi di tali prestazioni a carattere saltuario ora è possibile scegliere tra lavoro occasionale accessorio o lavoro autonomo occasionale. Quest’ultimo deve essere basato su un rapporto di collaborazione occasionale di natura genuina, ossia non continuativa, coordinata dal committente, senza vincolo di durata, con carattere episodico, senza inserimento del collaboratore nell’organizzazione dell’impresa, senza iscrizione all’albo del collaboratore.
In altre parole, dopo l’entrata in vigore del Jobs Act dal 25 giugno 2015 può essere utilizzata la prestazione occasionale nella forma prevista dal codice civile: quella del contratto d’opera.
Si può perciò parlare di contratto di prestazione occasionale d’opera nel caso in cui il soggetto, lavoratore autonomo provvisto di partita IVA, dietro corrispettivo pattuito tra le parti, si impegni a compiere un’opera o un servizio, attraverso il proprio lavoro e senza vincolo di subordinazione e di organizzazione da parte del committente, datore di lavoro, emetta una ricevuta di prestazione occasionale con ritenuta d’acconto al 20%.
Requisiti prestazione d’opera occasionale sono:
- assenza di vincoli di orario;
- libertà nella scelta delle modalità tecniche di esecuzione del lavoro da parte del lavoratore;
- raggiungimento di un risultato;
- compenso determinato in funzione dell’opera eseguita o del servizio reso e privo pertanto del carattere della periodicità;
- assunzione del rischio economico da parte del lavoratore;
- unicità della prestazione: il lavoratore riceve un unico incarico, anche se l’assolvimento del medesimo richiede il compimento di una serie di atti in un certo arco temporale.
Devono essere versati i contributi previdenziali alla gestione separata Inps se il compenso annuo supera i 5000 euro e solo per la parte eccedente questo limite.
Lavoro autonomo occasionale
Se la collaborazione occasionale ai sensi della “legge Biagi” è stata abolita, la possibilità di ricorrete al lavoro occasionale autonomo viene confermata ed estesa. Tali prestazioni di lavoro autonomo occasionale sono caratterizzate dalla mancanza di abitualità e continuità, di coordinamento da parte del committente con ritenuta d’acconto al 20% e di obbligo di iscrizione alla gestione separata Inps se il reddito supera i 7000 euro l’anno.
In questo caso, il lavoratore autonomo rilascia al committente una ricevuta per la prestazione occasionale.
Prestazione occasionale e ritenuta d’acconto
Il professionista, lavoratore autonomo o impresa che esegue un’attività lavorativa saltuariamente per un altro soggetto persona fisica con partita IVA o soggetto giuridico, deve rilasciare al committente la ricevuta di prestazione occasionale con ritenuta d’acconto.
Ai fini fiscali, una ricevuta di pagamento prestazione occasionale con ritenuta d’acconto per essere valida deve riportare i seguenti dati:
- estremi del professionista che ha svolto la prestazione occasionale;
- estremi del committente (persona fisica con partita IVA o impresa);
- numero nota e data;
- specifica dicitura “prestazione occasionale”;
- compenso (compenso lordo, ovvero somma ricevuta per la prestazione occasionale, 20% ritenuta d’acconto da calcolare sulla base imponibile e compenso netto, e se il prestatore occasionale è iscritto alla gestione separata, va indicato anche il 4% da calcolare sempre sulla base imponibile per il contributo INPS);
- marca da bollo da 2 euro per ogni ricevuta di pagamento superiori a 77,47 euro;
- data e firma di chi emette la ricevuta prestazione occasionale.
Il professionista che riceve il compenso per la prestazione occasionale con ritenuta d’acconto, ai fini di calcolo della somma nella dichiarazione dei redditi, riceverà entro il 28 febbraio di ciascun anno, il nuovo modello CU-certificazione redditi per gli autonomi.