Introduzione
Essere in malattia non è un lusso: è un diritto tutelato dalla Costituzione, dallo Statuto dei Lavoratori e da decenni di giurisprudenza. Tuttavia, il crescente ricorso a strumenti di sorveglianza – dalle visite fiscali ripetute agli investigatori privati – ha spinto i confini del controllo aziendale ben oltre il lecito, arrivando a ledere la sfera privata, la salute psicofisica e la dignità del dipendente. Di fronte a questa deriva, la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 23578 del 20 agosto 2025 ha tracciato un confine netto: il potere di controllo del datore non è illimitato, e quando sconfina nella vessazione, il licenziamento non solo è illegittimo, ma nullo. Ma cosa manca ancora alla dottrina e alla prassi forense? E, soprattutto, quali strumenti giuridici concreti ha il lavoratore per difendersi, oltre alle ormai note citazioni di principio?
Il caso-chiave: Cassazione, sez. lav., Ord. n. 23578/2025
La vicenda riguardava un dirigente assente per malattia, al quale il datore aveva contestato la violazione dell’obbligo di reperibilità (art. 21, co. 1, D.Lgs. n. 150/2009, e norme collettive). La prova? Un report investigativo redatto da un’agenzia privata, che aveva pedinato il lavoratore per 16 giorni non consecutivi, inclusi 25 e 26 dicembre e Capodanno, dalle 7 del mattino alle 20, nei luoghi pubblici e nei locali frequentati, coinvolgendo familiari e terzi. La Corte d’Appello aveva già dichiarato nullo il licenziamento, ritenendo il controllo illegittimo per invasività e inutilizzabile come prova. La Cassazione – richiamando la sentenza n. 18168/2023 – ha confermato: “I controlli difensivi sono ammessi solo ove fondati su un sospetto oggettivo, concreto e attuale di illecito, e devono comunque rispettare i principi di proporzionalità, necessità e minimizzazione del trattamento dei dati personali (artt. 5 e 6 GDPR; art. 4, co. 1, lett. c), d.lgs. n. 196/2003).”
E ancora:
“In nessun caso può essere giustificato un sostanziale annullamento di ogni forma di garanzia della dignità e riservatezza del lavoratore” (Cass. n. 25732/2021).
Cosa hanno tralasciato le analisi finora?
Gran parte della dottrina si è concentrata sull’inutilizzabilità della prova o sulla nullità del licenziamento, trascurando tre aspetti cruciali:
- L’inapplicabilità del “controllo difensivo” alle mere assenze per malattia: Il controllo difensivo (ammesso da Cass. n. 18168/2023) non riguarda le assenze per malattia in sé, bensì situazioni di concreto sospetto di frode patrimoniale o concorrenza sleale. Il solo fatto che un dipendente non risponda al citofono durante la fascia di reperibilità non costituisce indizio sufficiente per attivare un pedinamento. La giurisprudenza consolidata (Cass. n. 17320/2019) esige un “fumus fraudis” specifico, non generico;
- La violazione dell’art. 32 Cost. e del diritto alla salute: Un controllo ossessivo, protratto per settimane, anche durante le festività, aggrava lo stato di salute del lavoratore e contrasta con il diritto fondamentale alla salute (art. 32 Cost.). Questo profilo è stato raramente valorizzato in giudizio, ma può costituire base per un risarcimento autonomo del danno biologico o esistenziale, ai sensi dell’art. 2059 c.c..;
- L’uso abusivo delle visite fiscali come strumento di mobbing
Come ricordato da Trib. Teramo, sent. n. 248/2023:
“Azioni formalmente legittime, come le richieste di visita fiscale, se inserite in una strategia persecutoria finalizzata a demotivare o costringere il dipendente al rientro anticipato, integrano gli estremi del mobbing.”
Eppure, quasi nessuno evidenzia che, in questi casi, il lavoratore può agire non solo per nullità del licenziamento, ma anche per risarcimento ex art. 2087 c.c., che impone al datore di adottare le misure idonee a tutelare l’integrità psicofisica del lavoratore.
Come può difendersi il lavoratore: strumenti giuridici concreti
Per accertare l’illegittimità di un controllo del datore di lavoro, è importante conservare tutte le relative comunicazioni ricevute, come email, messaggi e avvisi. Inoltre, è necessario richiedere copia del mandato fornito all’agenzia investigativa: in caso di assenza o genericità del mandato stesso, il controllo risulta nullo. Occorre anche verificare che eventuali controlli siano stati effettuati al di fuori delle fasce di reperibilità stabilite (10-12 e 17-19, tutti i giorni, festivi inclusi, secondo quanto previsto dall’art. 15, co. 2, del D.Lgs. n. 150/2009). Qualora le prove ottenute attraverso tali controlli violino norme imperative, è opportuno sollevare un’eccezione di illegittimità della prova. Ai sensi dell’art. 116 c.p.c., si può richiedere al giudice di escludere eventuali report investigativi ottenuti in contrasto con il GDPR, l’art. 5 dello Statuto dei Lavoratori e l’art. 2 della Costituzione. In tal senso, è utile richiamare la Cassazione n. 11968/2022, che stabilisce l’inutilizzabilità delle prove acquisite in violazione di diritti fondamentali. Nel caso in cui dal comportamento del datore emergano segnali di mobbing o danno da stress lavoro-correlato, è possibile intraprendere un’azione autonoma. Tale azione può includere una denuncia penale per molestie ai sensi dell’art. 610-bis c.p. nei casi in cui le richieste di visita medica siano reiterate con toni minacciosi. Parallelamente, si può avviare un’azione civile per il risarcimento del danno non patrimoniale in base all’art. 2087 c.c., come confermato dalla Cassazione n. 10652/2021. Infine, qualora il datore affidi a terzi dati sensibili relativi allo stato di salute, alle abitudini o agli spostamenti del lavoratore senza una base giuridica adeguata, esso viola il Regolamento (UE) 2016/679 sulla protezione dei dati personali. Un reclamo all’Autorità Garante per la protezione dei dati personali (AGID) può comportare pesanti sanzioni amministrative fino a 20 milioni di euro o al 4% del fatturato globale dell’azienda e rafforzare la posizione del lavoratore in eventuali procedimenti civili.
Oltre la buona fede, oltre il controllo
La sentenza n. 23578/2025 non è solo una vittoria per un singolo lavoratore: è un monito sistematico. Il datore non può sostituirsi al medico fiscale. Non può trasformare la malattia in un sospetto permanente. Non può confondere la legittima verifica con la persecuzione. E il lavoratore, oggi, non è più solo. Ha a disposizione un arsenale giuridico completo: dalla nullità del licenziamento al risarcimento del danno, dalla inutilizzabilità della prova al reclamo privacy. Basta conoscerlo, usarlo e farlo valere – con coraggio, ma anche con competenza.
Perché, come ha scritto la Corte:
“Il lavoro non è un dominio, ma un patto. E il patto si rispetta con dignità, non con il pedinamento.”

