La riforma in materia di sfratti, pronta a essere approvata in Consiglio dei Ministri il 19 novembre 2025, introduce un cambiamento epocale nel panorama della locazione immobiliare in Italia. L’obiettivo è chiaro: mettere fine alle lungaggini procedurali che, per anni, hanno reso praticamente inefficace il diritto del proprietario di rientrare in possesso del proprio immobile. Con la nuova normativa, lo sfratto potrà essere eseguito in soli 10 giorni, senza necessità di ulteriori notifiche o fasi intermedie.
L’atto di precetto diventa centrale
La novità più rilevante è l’eliminazione del cosiddetto “preavviso di rilascio”, ossia l’avviso formale da parte dell’ufficiale giudiziario sul giorno esatto dell’esecuzione. Fino ad oggi, questa fase ha rappresentato uno dei principali colli di bottiglia: una notifica che, spesso, veniva ignorata o usata dagli occupanti per guadagnare ulteriore tempo. D’ora in poi, basterà l’atto di precetto – già previsto dall’articolo 474 del Codice di procedura civile – a fissare un termine perentorio di 10 giorni entro il quale l’immobile deve essere liberato. Trascorso tale termine senza che il rilascio sia avvenuto spontaneamente, dall’undicesimo giorno scatterà automaticamente l’esecuzione forzata, senza alcun altro avviso.
Estensione alle seconde e terze case
Finora, la procedura accelerata prevista dal Decreto Sicurezza (convertito nella Legge n. 132/2023) era limitata alle abitazioni principali del proprietario. La nuova proposta di legge estende questa possibilità anche agli immobili non adibiti a prima casa, inclusi quelli occupati abusivamente. Per questi ultimi, viene introdotta una specifica procedura civilistica, che permette al legittimo proprietario di agire in forza del solo rogito notarile, senza dover dimostrare in giudizio il proprio diritto di proprietà. Una svolta cruciale, poiché finora la giurisprudenza – in linea con il principio di tutela del possesso di fatto (art. 1140 del Codice civile) – ha spesso ritardato lo sfratto di occupanti abusivi, anche quando la proprietà del bene fosse documentata.
Occupanti abusivi: meno burocrazia, più efficienza
Il nuovo meccanismo mira a ribaltare questa logica: non sarà più necessario un accertamento giudiziale della proprietà per procedere allo sfratto. Sarà sufficiente l’attestato di proprietà – vale a dire l’atto di acquisto registrato – per attivare la procedura di rilascio forzato, con intervento diretto dell’ufficiale giudiziario e, se necessario, supporto della forza pubblica. Questa disposizione si inserisce nel solco del recente inasprimento penale previsto dal Decreto Sicurezza, che ha introdotto all’art. 634-bis del Codice penale il reato di occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui, punibile con la reclusione da 2 a 7 anni.
Beni lasciati nell’immobile: considerati abbandonati
Un ulteriore nodo pratico riguarda lo smaltimento degli oggetti lasciati dagli inquilini. Oggi, il proprietario è tenuto a custodirli e a seguirne una complessa procedura di inventariazione e deposito, con costi spesso insostenibili. La nuova legge stabilisce che tali beni – se privi di valore economico o d’uso – si considerino abbandonati. Il proprietario potrà quindi provvedere autonomamente al loro smaltimento o distruzione, trascorsi 30 giorni dalla notifica dell’esecuzione forzata.
Morosità: il termine di grazia resiste, ma con limiti
Il legislatore non ha voluto rinunciare del tutto a una forma di protezione per chi si trovi in stato di temporanea difficoltà economica. Resta dunque la possibilità, per l’inquilino moroso, di chiedere al giudice un termine per regolarizzare gli arretrati, evitando così lo sfratto. Tuttavia, tale “termine di grazia” sarà ora concesso al massimo due volte in quattro anni – anziché tre come previsto oggi – e dovrà essere deciso in tempi molto più celeri rispetto al passato.
Dibattito e prospettive
La misura ha suscitato reazioni contrastanti. Da un lato, il Governo la presenta come uno strumento necessario per restituire certezza giuridica ai proprietari e contrastare forme di morosità cronica o di illegalità strutturale. Dall’altro, le opposizioni temono un possibile aggravio della marginalità sociale, soprattutto in un contesto di crescente fragilità abitativa. Il provvedimento, se approvato in via definitiva dal Parlamento, potrebbe entrare in vigore all’inizio del 2026. Il suo successo dipenderà non solo dalla sua applicazione pratica, ma anche dalla parallelà attuazione di politiche abitative efficaci, capaci di fornire alternative concrete a chi si trova in difficoltà. In attesa di questi sviluppi, una cosa è certa: dopo decenni di immobilismo, il diritto al rilascio degli immobili sta finalmente cambiando passo – e lo fa con una marcia ben più veloce.

