In un contesto lavorativo sempre più focalizzato sulla produttività e sull’efficienza, spesso vengono trascurati aspetti apparentemente banali, ma in realtà fondamentali per la dignità e la salute del lavoratore. Uno di questi è il diritto di soddisfare le proprie esigenze fisiologiche durante l’orario di lavoro. La recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 12504 del 11 maggio 2025 [2] ha dato un chiaro segnale: questo diritto non è negoziabile.
La legge è chiara: la dignità del lavoratore è inviolabile
L’art. 2087 del Codice Civile stabilisce che il datore di lavoro ha l’obbligo di adottare “tutte le misure idonee a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale” dei suoi dipendenti. Questo principio, ormai consolidato nella giurisprudenza, significa che l’azienda non può limitarsi a garantire che i lavoratori non si facciano male; deve anche proteggere la loro dignità personale, il loro onore e la loro serenità psicologica [3]. Un episodio emblematico, citato sia nell’articolo di Triesteallnews che in quello di Misterlex, riguarda un operaio di una grande azienda automobilistica. Durante il suo turno, aveva manifestato un’urgenza fisiologica e aveva seguito le procedure aziendali, azionando il dispositivo di chiamata per ottenere l’autorizzazione a lasciare la postazione. Non ricevendo alcuna risposta, fu costretto a recarsi ai servizi igienici autonomamente, subendo un incidente di incontinenza. Successivamente, gli fu negato il permesso di cambiarsi immediatamente, costringendolo a rimanere con indumenti sporchi fino alla pausa, e poi a cambiarsi in un luogo visibile a tutti i colleghi [4]. La Cassazione ha condannato l’azienda, riconoscendo un danno non patrimoniale di 5.000 euro, perché l’organizzazione aziendale aveva trattato un bisogno naturale come un fastidio, arrecando un grave pregiudizio alla dignità del lavoratore [5].
Le pause ufficiali e le necessità urgenti: due cose diverse
È importante distinguere tra le pause regolamentate dalla legge e le necessità fisiologiche urgenti. Secondo il Decreto Legislativo 66/2003, se l’orario di lavoro supera le 6 ore, il lavoratore ha diritto a una pausa di almeno 10 minuti, che può essere utilizzata per qualsiasi scopo, compreso andare in bagno [6]. Tuttavia, questa pausa è programmata dal datore di lavoro in base alle esigenze produttive e non può essere considerata un “permesso” per ogni evenienza. Se un bisogno si presenta al di fuori di questo intervallo, il lavoratore ha comunque il diritto di soddisfarlo. Il datore di lavoro non può vietare l’accesso ai servizi igienici, né può obbligare il dipendente a chiedere un’autorizzazione preventiva, poiché ciò sarebbe lesivo della sua riservatezza [7]. L’azienda, invece, ha l’obbligo di organizzare il lavoro in modo da consentire al dipendente di assentarsi temporaneamente, predisponendo sostituti o sistemi di copertura rapida. Non esiste un numero massimo di volte in cui un lavoratore può andare in bagno; ciò dipende dalle sue condizioni di salute e fisiologiche individuali [8].
Cosa fare se il diritto viene violato?
Se un datore di lavoro limita ingiustificatamente l’accesso ai servizi igienici, questo comportamento può essere considerato un abuso e un’infrazione della normativa sulla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/2008), che obbliga l’azienda a garantire l’accesso a servizi igienici puliti e accessibili [9]. I lavoratori hanno quindi il diritto di:
- Segnalare l’accaduto al datore di lavoro o al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS);
- Rivolgersi al sindacato per ottenere supporto e assistenza;
- Denunciare la situazione alle autorità competenti, come l’Ispettorato del Lavoro o l’ASL;
- Avviare un’azione legale per ottenere il risarcimento dei danni, sia patrimoniali che non patrimoniali, derivanti dalla lesione della dignità personale.
Un dovere di civiltà e di legge
La pronuncia della Cassazione non è solo un monito legale, ma un richiamo di civiltà. Gestire l'”imprevisto biologico” non è un optional, ma un dovere imprescindibile per ogni azienda che voglia definirsi moderna e rispettosa dei propri dipendenti. Impedire a un lavoratore di andare in bagno in caso di urgenza non è una questione di disciplina o di produttività; è una questione di umanità. E, come ci ricorda la legge, l’urgenza non aspetta l’autorizzazione del team leader. Perché, come dice il titolo dell’articolo, “Non può attendere”.

