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I presupposti per la ripetizione da parte dell’INPS della indennità di disoccupazione involontaria

I presupposti per la ripetizione da parte dell’INPS della indennità di disoccupazione involontaria

Svolgimento del processo

1. La Corte di appello di Perugia in accoglimento del gravame proposto da C. G. C. ha accertato l’illegittimità della richiesta di restituzione della somma di € 9.472,56 corrispostagli dall’INPS a titolo di indennità di disoccupazione involontaria per il periodo 15.6.2010-16.6.2011.

1.1. La Corte territoriale ha ritenuto che nel periodo nel quale il C. aveva percepito l’indennità di disoccupazione non avesse in atto un rapporto di lavoro, neppure ricostruibile a posteriori per effetto della sentenza del 2014 con la quale era stata accertata la illegittimità dei termini apposti ai contratti intercorsi con la Terme di F. s.p.a. che era stata condannata al pagamento dell’indennità risarcitoria ex art. 32 legge n. 183 del 2010. Solo dalla sentenza del 2014 infatti si era determinato il ripristino effettivo del rapporto con obbligo di erogare le retribuzioni. Per conseguenza ha ritenuto illegittimo il recupero operato.

2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’INPS affidato a un unico motivo. C. G. C. è rimasto intimato. L’INPS ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

3. Con il ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 45 comma 3, 73 comma 2, 76 comma 3 e 77 del R.D.L. 4 ottobre 1935 n. 1827 convertito con modificazioni nella legge 6 aprile 1936 n. 1155, nel testo vigente ratione temporis, con riferimento all’art. 32 comma 5 della legge 4 novembre 2010 n. 183 e dell’art. 2033 c.c., con riguardo al giudizio di accertamento negativo dell’obbligo di restituzione dell’indennità ordinaria di disoccupazione involontaria percepita da C. G. C. nel periodo dal 15.6.2010 al 16.6.2011.

3.1. Ad avviso dell’Istituto ricorrente erroneamente la Corte di merito aveva riconosciuto il diritto del C. a trattenere le somme che gli erano state erogate a titolo di indennità di disoccupazione involontaria sebbene con la sentenza del Tribunale di Perugia n. 448 del 17.10.2014 fosse stata accertata l’esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra il C. e la s.p.a. Terme di F. per effetto dell’accertamento della illegittimità del termine apposto al primo dei contratti a tempo determinato intercorsi con la società sin dal 2006 e la società era stata condannata a pagare dodici mensilità di retribuzione ai sensi dell’art. 32 comma 5 della legge n. 183 del 2010.

3.2. Sostiene l’INPS che l’indennità di disoccupazione involontaria è una prestazione previdenziale che mira a garantire la percezione di un sostegno economico per il periodo ragionevolmente occorrente per la ricerca di un nuovo lavoro a favore di chi abbia perduto una precedente occupazione. Deduce che si tratta di un indennizzo conseguente alla mancanza di lavoro dipesa dalla non volontarietà dello stato di disoccupazione. Sostiene perciò che ove non sussista lo stato di disoccupazione neppure esiste il diritto alla prestazione.

3.3. Ritiene che il requisito non sussista nel caso in cui, seppure per effetto di un successivo accertamento giurisdizionale, venga meno lo stato di non occupazione e, per effetto dell’applicazione dell’art. 32 comma 5 della legge n. 183 del 2010, con l’erogazione dell’indennità sia ristorato per intero il pregiudizio subito dal lavoratore nel periodo compreso tra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale sia stata ordinata la ricostituzione del rapporto.

3.4. Evidenzia che anche nella giurisprudenza di legittimità si è affermato che nel caso di sospensione unilaterale del rapporto di lavoro non spetta l’indennità di disoccupazione e sostiene che, diversamente, si autorizzerebbe un inammissibile indebito arricchimento del lavoratore.

3.5. Deduce che “le esigenze di tutela da apprestare sul piano previdenziale non possono giungere a distorcere i principi cardine in subiecta materia atteso che eventuali carenze di tutela del lavoratore sono il riflesso della disciplina risarcitoria per il periodo c.d. intermedio a seguito della conversione del contratto di lavoro a termine in contratto di lavoro a tempo indeterminato introdotta dal legislatore del 2010 nell’ambito della sua discrezionalità , tra l’altro esercitata in maniera non irragionevole (cfr. Corte Cost. n. 303 del 2011)”.

4. Tanto premesso va in via generale rilevato che l’art. 45 comma 3 del R.d.l. n. 1827 del 1935 (convertito con modificazioni nella legge n. 1155 del 1936), nel testo applicabile ratione temporis alla presente fattispecie, elenca tra le assicurazioni previste quella per la disoccupazione involontaria che ha per scopo l’assegnazione agli assicurati di un’indennità nei casi di disoccupazione involontaria per mancanza di lavoro.

4.1. Il successivo art. 73 detta le regole per il calcolo dell’indennità ed i tempi della sua erogazione (a decorrere dall’ottavo giorno successivo a quello della cessazione dal lavoro e, qualora all’assicurato sia pagata una indennità per mancato preavviso, dall’ottavo giorno successivo a quello della scadenza del periodo corrispondente alla indennità, per mancato preavviso ragguagliata a giornate).

4.2. A norma dell’art. 76 comma 3, come modificato dall’art. 34 comma 5 della legge n. 448 del 1998, la cessazione del rapporto di lavoro per dimissioni con decorrenza successiva al 31 dicembre 1998 non dà titolo alla concessione della indennità di disoccupazione (ordinaria, agricola e non agricola, con requisiti normali di cui al regio decreto legge 4 ottobre 1935, n. 1827, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 aprile 1936, n. 1155, e successive modificazioni e integrazioni, e con requisiti ridotti di cui al decreto legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, e successive modificazioni e integrazioni).

4.3. L’art. 77 del R.d.l. 1827 del 1935 dispone che si tratta di prestazione che viene erogata a domanda dell’assicurato da presentare nei modi e nei termini stabiliti dal regolamento con il quale sono fissate anche le norme per il controllo della disoccupazione, per l’accertamento delle condizioni per il diritto all’indennità, e per la sospensione del diritto medesimo (comma 3). Al Regolamento è demandata inoltre l’individuazione dei casi in cui le lavorazioni a turno e saltuarie possono essere considerati come disoccupazione continuata ed anche i casi nei quali hanno rilievo i periodi di disoccupazione siano interrotti da brevi periodi di lavoro.

4.4. In estrema sintesi la disciplina è volta ad accordare l’indennità, nel ricorso dei presupposti assicurativi, in tutti i casi in cui la disoccupazione non sia connessa ad un comportamento comunque volontario dell’assicurato.

4.5. Con riguardo al trattamento speciale di disoccupazione previsto dall’art. 8 della legge n. 1115 del 1968 (ma non muta il ragionamento con riguardo alla disoccupazione ordinaria) si è poi chiarito che esso è dovuto in tutti i casi di disoccupazione involontaria e che l’espressione “licenziamento” adoperata va intesa non in senso formale – ossia come espressione del potere di recesso dall’imprenditore nelle forme prescritte – bensì in senso più ampio, comprensivo, perciò, di tutte le ipotesi in cui l’impossibilità della prestazione non sia imputabile al lavoratore, come nel caso di licenziamento orale, di cessazione definitiva dell’attività, di chiusura o disintegrazione dell’azienda (Cass. 11/12/1996 n. 11025).

4.6. Per l’erogazione del trattamento speciale previsto nei casi di disoccupazione derivante da licenziamenti determinati da situazioni di crisi aziendale, si è chiarito che l’effetto estintivo del rapporto di lavoro, proprio dell’atto di recesso, determina comunque lo stato di disoccupazione che rappresenta il fatto costitutivo del diritto alla prestazione stabilita dalla norma, sul quale non incide la contestazione in sede giudiziale della legittimità del licenziamento, impugnato dal lavoratore. Si è ritenuto che le statuizioni adottate nella controversia promossa nei confronti del datore di lavoro non possano incidere sull’accertamento del diritto del lavoratore alla prestazione erogata dall’ente previdenziale (cfr. Cass. 11/06/1998 n. 5850).

4.7. Nella vigenza dell’art. 18 della legge 20 maggio 1970 nel testo antecedente le modifiche apportate alla norma dall’art. 1 comma 42 della legge 28 giugno 2012 n. 92, si è affermato che l’indennità di disoccupazione spetta al lavoratore anche nel caso in cui alla pronuncia di illegittimità del licenziamento non faccia poi seguito la reintegrazione, pur disposta, nel posto di lavoro. Si è evidenziato infatti che lo stato di disoccupazione è pur sempre involontario, in quanto frutto dell’atto datoriale di risoluzione e non della mancata esecuzione del provvedimento giudiziale e dunque l’erogazione della prestazione previdenziale mantiene la medesima finalità di sostegno al reddito a cui è ordinariamente finalizzata (cfr. Cass. 18/10/2022 n. 30553 con riguardo ad un licenziamento intimato prima dell’entrata in vigore della legge n. 92 del 2012 ed ivi le richiamate Cass. n.28295 del 2019, n. 17793 del 2020 e n. 24950 del 2021 alle quali si è inteso dare continuità).

4.8. La domanda per ottenere il trattamento di disoccupazione involontaria non presuppone la definitività del licenziamento e non è incompatibile con la volontà di impugnarlo. L’effetto estintivo del rapporto di lavoro, derivante dell’atto di recesso, determina comunque lo stato di disoccupazione che rappresenta il fatto costitutivo del diritto alla prestazione sul quale non incide la contestazione in sede giudiziale della legittimità del licenziamento (cfr. Cass. 11/06/1998 n. 5850) anche se, una volta dichiarato illegittimo il licenziamento e ripristinato il rapporto per effetto della reintegrazione, le indennità di disoccupazione potranno e dovranno essere chieste in restituzione dell’Istituto previdenziale, essendone venuti meno i presupposti.

4.9. In tale prospettiva si è ritenuto allora che le somme erogate a titolo di disoccupazione involontaria non possano essere detratte da quelle che il datore di lavoro è stato condannato a versare al lavoratore a titolo risarcitorio ai sensi dell’art. 18 della legge n. 300 del 1970 (cfr. Cass. 16/03/2002 n. 3904 e 15/05/2000 n. 6265).

4.10. Per il caso, poi, in cui l’indennità di disoccupazione sia stata erogata a sostegno del reddito in occasione dell’involontaria mancanza di lavoro successivamente alla scadenza di un contratto il cui termine sia stato successivamente dichiarato illegittimo con conversione giudiziale in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, questa Corte ha ritenuto che, quando alla pronuncia di illegittimità del termine non sia seguita l’effettiva reintegrazione persiste la condizione di involontaria disoccupazione e non rileva la successiva risoluzione consensuale del rapporto di lavoro che consegua ad una transazione con la quale sia stata disposta la regolarizzazione previdenziale e l’erogazione di un importo a titolo di danno non patrimoniale.

4.11. È stato chiarito che l’impugnazione giudiziale della legittimità del recesso datoriale costituisce un diritto, ma non un obbligo del lavoratore, e che l’intervenuta disoccupazione involontaria deve valutarsi alla stregua e al momento dell’atto risolutivo. Si è sostenuto che, diversamente opinando, si dovrebbe ritenere che non spetti l’indennità di disoccupazione ogni qual volta il lavoratore ometta di impugnare un licenziamento che pur si presenti manifestamente illegittimo oppure ogni qual volta transiga la lite prima ancora della (possibile) sentenza di reintegra.

4.12. Del pari si è ritenuto che non si possa escludere il diritto all’indennità di disoccupazione nel caso di mera ricostituzione de iure del rapporto, sia pure con sentenza esecutiva. Per garantire l’effettività della tutela è necessario che alla reintegra sia data effettiva attuazione con la realizzazione di una situazione di fatto che sia tale da escludere la sussistenza della situazione di disoccupazione protetta dalla legge. Con specifico riferimento agli effetti sull’indennità di disoccupazione involontaria della sentenza con la quale è convertito con efficacia ex tunc il rapporto di lavoro essendo stata accertata l’illegittimità del termine, poi, si è affermato che elemento ostativo alla percezione dell’indennità di disoccupazione sarebbe l’effettiva ricostituzione del rapporto, nei suoi aspetti giuridici ed economici che evidentemente non si realizza nel caso in cui si accerti che la ricostituzione del rapporto non sia mai intervenuta ed il lavoratore non abbia ricevuto le proprie spettanze retributive (cfr. Cass. n. 28295 del 2019 cit.). In particolare, si è ritenuto ininfluente il sopravvenire, nelle more della lite avente ad oggetto l’impugnativa del termine contrattuale, dell’art. 32 comma 5 della legge n. 183 del 2010 osservandosi che la modifica legislativa, nello specifico, poteva aver influito sulla trattativa che ha preceduto la conciliazione in sede sindacale, ma non sulla (in)volontarietà dello stato di disoccupazione, né sulla materiale percezione di retribuzioni.

4.13. Il diritto alla percezione dell’indennità di disoccupazione involontaria è, in definitiva, condizionato dalla persistenza di uno stato di non occupazione per il tempo della sua erogazione. Si tratta di requisito che può venir meno anche per effetto di un accertamento sopravvenuto a condizione che sia ripristinato lo status di lavoratore occupato sotto tutti i profili, anche quello economico.

5. Occorre allora chiedersi quali siano i riflessi sull’indennità di disoccupazione involontaria dell’applicazione della tutela introdotta dall’art. 32 comma 5 della legge n. 183 del 2010 per i contratti di cui sia accertata l’illegittimità del termine di durata apposto.

5.1. A tal proposito va ricordato che da tempo questa Corte ritiene che la sentenza che accerta la nullità della clausola appositiva del termine e ordina la ricostituzione del rapporto illegittimamente interrotto, cui è connesso l’obbligo del datore di riammettere in servizio il lavoratore, ha natura dichiarativa e non costitutiva e che la conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato opera con effetto “ex tunc” dalla illegittima stipulazione del contratto a termine (tanto che non è configurabile un recesso datoriale intervenuto “ante tempus” in costanza di un rapporto di lavoro a tempo determinato). Inoltre, l’indennità di cui all’art. 32, comma 5, della legge n. 183 del 2010, come autenticamente interpretata dall’art. 1 comma 13 della legge n. 92 del 28 giugno 2012, ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore e nell’importo riconosciuto devono intendersi ricomprese oltre alle retribuzioni anche i contributi, per il periodo fra la scadenza del termine illegittimamente apposto al contratto di lavoro e la data della pronuncia con cui è stata disposta la ricostruzione del rapporto di lavoro (cfr. Cass. 26/03/2019 n. 8385).

5.2. Come è noto, con tale disposizione è stata sostanzialmente forfettizzata la tutela economica apprestata ed alla conversione del rapporto si accompagna il diritto all’erogazione di un’indennità risarcitoria che può raggiungere nel massimo dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto muovendo da un minimo di 2,5, mensilità. Si tratta di un’indennità che come ricordato, tenuto conto dell’interpretazione autentica data alla disposizione dal ricordato art. 1 comma 13 della legge n. 92 del 2012, copre l’intero pregiudizio subito dal lavoratore nel periodo che intercorre tra la scadenza del termine apposto al contratto ed il provvedimento giudiziale di ricostituzione del rapporto (cfr. Cass. 21/09/2015 n. 18591, 10/07/2015 n. 14461 e 16/06/2014 n. 13630).

5.3. Il risarcimento del danno secondo gli ordinari criteri, che presuppone il persistente inadempimento del datore all’obbligo di ripristino del rapporto a seguito dell’ordine in questione, spetta al lavoratore solo dal momento di emanazione di detta pronuncia, la quale elimina ogni incertezza circa la sussistenza dell’obbligo datoriale di riammissione del lavoratore medesimo in servizio (cfr. Cass. 18/01/2021 n. 702).

5.4. Come è noto la Corte costituzionale, investita della questione di legittimità dell’art. 32 comma 5 della legge n. 183 del 2010, ne ha ritenuto l’infondatezza valorizzando i profili di certezza dei rapporti giuridici che il legislatore ha inteso privilegiare ed evidenziando che con l’indennità (commisurata come detto tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità e che ristora l’intero pregiudizio subito dal lavoratore nel periodo intermedio) viene imposto un meccanismo semplificato e di più rapida definizione di liquidazione del danno a fronte della illegittima apposizione del termine al contratto di lavoro (cfr. Corte cost. n. 303 del 04/10/2011).

5.5. Una volta affermata l’idoneità dell’indennità, pur nei suoi profili forfetari, a ristorare per intero il pregiudizio subito nel periodo intercorrente tra la cessazione del contratto e la declaratoria di nullità del termine e, confermata la sua legittimità costituzionale, questa Corte ha allora ritenuto che, per effetto della ricostituzione ex tunc del rapporto subordinato a tempo indeterminato, venga meno la condizione di disoccupazione che determina l’erogazione dell’indennità di mobilità (così come dell’indennità di disoccupazione involontaria) che sia stata corrisposta nel periodo temporale coperto dalla sentenza (e dall’indennità risarcitoria ex art. 32 della l. n. 183 del 2010) e che pertanto sia configurabile un indebito previdenziale, ripetibile – ai sensi dell’art. 2033 c.c. – entro il limite temporale della prescrizione (cfr. Cass. 16/08/2023 n. 24645).

5.6. La Corte è pervenuta a tale convincimento richiamando le considerazioni svolte nelle decisioni con le quali, nell’ambito delle controversie aventi ad oggetto cessioni di ramo di azienda dichiarate nulle, si è ritenuto che le somme percepite dal lavoratore a titolo d’indennità di mobilità non possono essere detratte da quanto egli abbia ricevuto per il mancato ripristino del rapporto ad opera del cedente, indipendentemente dalla qualificazione – risarcitoria o retributiva – del trattamento economico dovuto al lavoratore illegittimamente trasferito, poiché l’indennità opera su un piano diverso rispetto agli incrementi patrimoniali derivanti al lavoratore dall’essere stato liberato, anche se illegittimamente, dall’obbligo di prestare la sua attività, dando luogo la sua eventuale non spettanza ad un indebito previdenziale, ripetibile nei limiti di legge (Cass. 18/09/2019 n. 23306 ed anche Cass. 27/03/2017 n. 7794 e con specifico riferimento all’indennità di disoccupazione involontaria sempre nel contesto della cessione di azienda v. Cass. 06/08/2021 n. 22428).

5.7. Sulla base del medesimo ragionamento, successivamente, con le ordinanze n. 384 del 05/01/2024 e n. 584 del 09/01/2024 ancora una volta si è ritenuta, ripetibile ai sensi dell’art. 2033 c.c., l’indennità di mobilità erogata a lavoratori il cui licenziamento sia stato poi dichiarato illegittimo con applicazione della tutela reintegratoria di cui all’art. 18 comma 4 della legge 30 maggio 1970 n. 300 del 1970 nel testo modificato dalla legge 28 giugno 2012 n. 92. In applicazione dei medesimi principi già dettati con l’ordinanza n. 24645 del 2023 si è ritenuto che per effetto della disposta reintegrazione fosse venuto meno il presupposto in relazione al quale la procedura era stata avviata. In quel caso particolare si è ritenuto irrilevante che lo stato di disoccupazione involontaria (di fatto) sia stato coperto solo in parte dall’indennità risarcitoria, posto che, per effetto della reintegrazione (n.d.r. diversamente da quanto avviene per il contratto il cui termine sia dichiarato illegittimo) sono pienamente dovuti i contributi previdenziali per il periodo ricostituito di lavoro. In particolare, si è accertato che l’eliminazione solo parziale dello stato di bisogno sul piano fattuale non esclude l’indebito che è ripetibile ex articolo 2033 c.c., entro il limite temporale della prescrizione, senza che rilevi quale ostacolo alla ripetizione lo stato di bisogno dell’interessato.

5.8. Va tuttavia segnalato che questa stessa sezione con l’ordinanza n. 22850 del 21/07/2022, nel dare continuità ai principi affermati da questa Corte con le decisioni n. 24950 del 2021, n. 17793 del 2020 e n. 28295 del 2019 (già richiamate al punto 4.7 di questa motivazione), ha ribadito che in caso di accertamento negativo della pretesa restitutoria azionata dall’Inps dell’indennità di disoccupazione involontaria – tenuto conto dell’identità di ratio e del generale richiamo contenuto nell’art. 7 comma 12 della legge n. 223 del 1991 alla disciplina dell’assicurazione contro la disoccupazione involontaria – devono essere richiamati i principi che regolano l’erogazione di tale indennità e che trovano ragion d’essere nello stato di disoccupazione per mancanza di lavoro. Vale a dire in quella inattività conseguente alla cessazione di un precedente rapporto di lavoro, che non sia riconducibile alla volontà del lavoratore e che dipenda da ragioni obiettive e cioè mancanza della richiesta di prestazioni del mercato di lavoro (così Corte Cost. 16/07/1968, n. 103). Ha ricordato che la sua funzione è quella di fornire in tale situazione ai lavoratori (e alle loro famiglie) un sostegno al reddito, in attuazione della previsione dell’ art. 38 comma 2 Cost. e che tale presupposto si verifica anche nel caso di scadenza del termine contrattuale, in cui la cessazione del rapporto non deriva da iniziativa del lavoratore”. Ha ribadito che solo per effetto del ripristino del rapporto l’INPS potrà e dovrà procedere al recupero delle somme indebite non senza ricordare che, se alla pronunzia non segue l’effettiva reintegra anche perché non viene posta in esecuzione la sentenza favorevole, l’erogazione dell’indennità di disoccupazione non diviene indebita.

5.9. Rileva il Collegio che il riferimento contenuto nella decisione richiamata al ripristino del rapporto va correlato alla fattispecie esaminata che, palesemente, ratione temporis aveva riguardo alla tutela reintegratoria prevista dall’art. 18 dello Statuto nel testo antecedente alle modifiche apportate alla norma prima dalla legge Fornero e poi dal Jobs Act.

5.10. Che il ripristino del rapporto sia stato nel tempo il filo conduttore della giurisprudenza formatasi in materia è desumibile anche da remote pronunce che hanno chiaramente affermato che il lavoratore licenziato, ancorché reintegrato nel posto di lavoro con la sentenza di primo grado, legittimamente percepisce dall’Inps l’indennità di disoccupazione, ove nel corso del giudizio d’appello abbia transatto la vertenza convenendo con il datore di lavoro la costituzione ex novo del rapporto di lavoro. La cessazione della materia del contendere conseguente alla legittima disponibilità da parte del lavoratore del diritto di impugnare il licenziamento non comporta il passaggio in giudicato della sentenza di reintegrazione impugnata e fa permanere la qualifica di disoccupato del lavoratore nel periodo di tempo intercorrente tra la data del licenziamento e quella della nuova costituzione del rapporto (cfr. Cass. 08/04/1987 n. 3463, 20/02/1991 n. 1777).

5.11. Non è stata ritenuta idonea ad escludere l’indennità di disoccupazione la mera ricostituzione de iure del rapporto, sia pure con sentenza esecutiva, osservandosi che per garantire l’effettività della tutela è necessario che a detta reintegra sia data effettiva attuazione, con la realizzazione di una situazione de facto tale da escludere la sussistenza della situazione di disoccupazione protetta ex lege (cfr. Cass. n.28295 del 2019 cit. relativa ad una fattispecie di declaratoria di nullità del termine con ordine di ripristino e condanna al pagamento di tutte le retribuzioni dalla costituzione in mora alla ricostituzione del rapporto).

6. Ritiene allora il Collegio che il mutato quadro delle tutele apprestato per i contratti a termine dalla legge n. 183 del 2010 oltre che per i licenziamenti dalla legge n. 92 del 2012 e poi dal D.L.vo n. 23 del 2015 sollecitino una riflessione ampia sulla tenuta dei principi sopra esposti che involgendo una ricostruzione dell’intero sistema come ridisegnato dagli interventi legislativi e dai numerosi interventi correttivi anche della Corte costituzionale meritano che ne siano investite le sezioni unite.

6.1. V’è da chiedersi in che modo può ritenersi effettivamente che sia venuto meno lo stato di involontaria disoccupazione nel tempo che decorre tra la scadenza del termine del contratto e la sentenza che ne accerta l’illegittimità quando la tutela apprestata non sia tale da assicurare, seppur ex post e a fronte di un rapporto di lavoro formalmente ripristinato ex tunc, la realizzazione della finalità di sostegno al reddito a cui è ordinariamente finalizzata l’indennità che, come ripetutamente affermato da questa Corte, ha natura previdenziale e svolge la funzione di fornire nel periodo di involontaria disoccupazione ai lavoratori (e alle loro famiglie) un sostegno al reddito, in attuazione della previsione dell’art. 38 secondo comma della Costituzione. L’evento coperto dal trattamento è l’involontaria disoccupazione per mancanza di lavoro, ossia quella inattività, conseguente alla cessazione di un precedente rapporto di lavoro, non riconducibile alla volontà del lavoratore, ma dipendente da ragioni obiettive e cioè mancanza della richiesta di prestazioni del mercato di lavoro (Corte Cost. 16/07/1968, n. 103).

6.2. Da ultimo va evidenziato che la ripetizione dell’indebito viene effettuata ai sensi dell’art. 2033 c.c. con la conseguenza che la natura oggettiva dello stesso esclude qualunque rilievo all’ esistenza, peraltro evidente, di una buona fede del percipiente.

7. Per le ragioni esposte ad avviso del Collegio la natura intrinsecamente di massima di particolare importanza della questione esposta e il latente contrasto esistente nella giurisprudenza di questa Corte circa l’interpretazione dele disposizioni sopra richiamate, impongano di rimettere la causa alla Prima Presidente di questa Corte per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

P.Q.M.

La Corte rimette la causa alla Prima Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

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