Negli ultimi mesi, sui social e in alcuni ambienti professionali, si è diffusa con insistenza la voce di un presunto “bonus Giorgetti” capace di raddoppiare lo stipendio pur restando al proprio posto di lavoro. Ma dietro questa etichetta accattivante — spesso usata per attirare click o generare confusione — si nasconde una realtà ben diversa, regolata da norme precise e interpretata con chiarezza dalla giurisprudenza.
Facciamo chiarezza, partendo dalle fonti normative e dalle pronunce della Corte di Cassazione.
Il cosiddetto “bonus Giorgetti”: di cosa si tratta?
In realtà, nessuna legge prevede un bonus chiamato “Giorgetti” né alcun meccanismo automatico per raddoppiare lo stipendio semplicemente rimanendo in azienda. L’espressione sembra derivare da un malinteso o da una forzatura mediatica legata a provvedimenti governativi recenti, come quelli contenuti nel Decreto Aiuti ter (D.L. n. 115/2023), convertito nella Legge n. 142/2023, che ha introdotto misure di sostegno al reddito per lavoratori con bassi salari, in particolare attraverso l’incremento del Reddito di Cittadinanza transitorio e agevolazioni per le assunzioni.
Tuttavia, nessuna di queste norme consente a un dipendente di percepire il doppio dello stipendio solo perché non si licenzia.
Cosa dice la legge sul salario e sulle somme aggiuntive?
Il Codice Civile, all’art. 2094, definisce il lavoratore subordinato come colui che si obbliga “mediante retribuzione, a prestare la propria attività alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore”. La retribuzione è quindi il corrispettivo della prestazione lavorativa ed è determinata da contratti collettivi, accordi individuali o leggi speciali.
Eventuali aumenti retributivi devono fondarsi su:
- clausole contrattuali (es. meritocrazia, produttività),
- accordi sindacali aziendali,
- incentivi fiscali statali (es. premi di risultato esenti fino a 3.000 euro annui, ai sensi dell’art. 29, D.L. n. 179/2012, convertito nella L. n. 221/2012).
Non esiste alcuna norma che, di per sé, raddoppi lo stipendio in base alla mera permanenza in servizio.
E la giurisprudenza? Cosa ha detto la Cassazione?
La Corte di Cassazione è intervenuta più volte per chiarire i limiti della retribuzione e delle pretese dei lavoratori. In particolare:
«La retribuzione deve corrispondere alla prestazione effettivamente resa e non può essere aumentata unilateralmente dal lavoratore sulla base di voci non previste dal contratto o dalla legge» (Cass. n. 12896/2021).
Inoltre, la Suprema Corte ha ribadito che:
«L’eventuale maggiorazione retributiva, anche se promessa verbalmente, deve trovare riscontro in un accordo valido e non contrastante con i principi di buona fede e correttezza contrattuale» (Cass. n. 20541/2019).
Queste sentenze smontano l’idea di un “diritto automatico” a uno stipendio raddoppiato: ogni aumento deve avere una base contrattuale o legale solida, non può derivare da illazioni o da bufale circolate online.
Attenzione alle truffe e alle false consulenze
Proprio a causa della diffusione di questa falsa informazione, molte persone sono state indotte a pagare consulenti improvvisati o a firmare documenti inutili, nella speranza di accedere a un fantomatico bonus. È bene ricordare che nessuna pratica burocratica, modulo o autocertificazione può far scattare un beneficio economico non previsto dalla legge.
Conclusione: informarsi per non cadere in inganni
Il “bonus Giorgetti” non esiste. A esistere, però, sono strumenti reali di sostegno al reddito, bonus assunzione, premi di produttività e agevolazioni fiscali — tutti ben definiti dalla legge e accessibili solo in presenza di specifici requisiti.
Prima di credere a notizie sensazionalistiche, è sempre utile consultare fonti ufficiali (Gazzetta Ufficiale, INPS, Ministero del Lavoro) o rivolgersi a professionisti qualificati. Perché in diritto, come in economia, la verità non è mai virale — ma è sempre scritta in norme chiare e controllabili.

