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Invalidità: evoluzioni nell’accertamento tecnico preventivo nel contesto processuale

Invalidità: evoluzioni nell’accertamento tecnico preventivo nel contesto processuale

Una riforma concepita per snellire i processi, ma che rischia di generare un cortocircuito di portata inedita. Il decreto legge Giustizia (117/2025), nato sotto la spinta delle esigenze del PNRR, interviene in modo significativo sul contenzioso relativo alla previdenza e all’assistenza, prevedendo la sospensione del procedimento per l’accertamento tecnico preventivo, una misura che sta suscitando più perplessità che certezze tra gli esperti del settore. La nuova normativa, entrata in vigore il 9 agosto, modifica l’articolo 445-bis del Codice di procedura civile e coinvolge una vasta fascia di cittadini impegnati nella tutela dei propri diritti.

L’istanza per l’accertamento tecnico preventivo si configura come un passaggio obbligatorio per i cittadini che desiderano intentare una causa finalizzata al riconoscimento dei diritti relativi a invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità. Include anche richieste legate alla pensione di inabilità e all’assegno di invalidità.
Questo accertamento medico-legale rappresenta una condizione imprescindibile per poter avanzare la domanda al tribunale ed è pensato per valutare preliminarmente le condizioni di salute del richiedente. L’iniziale intento di tale procedura era quello di accelerare significativamente i tempi dei procedimenti giudiziari, considerato che in questi ambiti i ritardi sono spesso riconducibili alla durata delle consulenze tecniche d’ufficio (CTU). Tuttavia, la recente riforma sembra rischiare di complicare ulteriormente la situazione, aggiungendo nuovi elementi di criticità al processo.

Il decreto legge Giustizia propone un meccanismo innovativo che regola la sospensione e la ripresa automatica dei processi attraverso tempi predeterminati e stringenti. Dal momento in cui il giudice assegna l’incarico al Consulente Tecnico d’Ufficio (o dalla data del suo giuramento, se successivo), il procedimento viene sospeso in modo automatico, eliminando la necessità di un provvedimento specifico da parte del magistrato.
Tra le modifiche più significative spicca l’introduzione di un termine uniforme e inderogabile di 30 giorni, calcolato a partire dal deposito della relazione del Ctu e notificato dalla cancelleria. Durante questo periodo, le parti hanno la possibilità di avanzare eventuali contestazioni. In passato, la gestione di tale termine era lasciata alla discrezionalità del giudice. Decorso il termine senza opposizioni, la perizia acquista valore definitivo e il procedimento riprende automaticamente, senza che sia necessario presentare istanze di riassunzione, in linea con quanto stabilito dall’articolo 296 del Codice di procedura civile.

Nonostante l’intento dichiarato di ridurre il disposition time dei procedimenti, conforme alle richieste del PNRR, la recente disciplina presenta significative criticità operative. Il nodo centrale, e maggiormente dibattuto, riguarda la natura stessa della sospensione del processo: la normativa indica che tale sospensione “non impedisce l’espletamento della consulenza”.

Questo genera un evidente paradosso giuridico: sebbene il processo risulti formalmente sospeso, la fase cruciale e decisiva, ossia la perizia medica, continua ad avanzare. Questa ambiguità normativa colloca avvocati e assistiti in una condizione di incertezza, senza delineare chiaramente cosa rientri o venga escluso durante tale periodo di stallo. Ancora più problematico è l’assenza di indicazioni sui mezzi di intervento che il difensore possa adottare per sollevare questioni o contestazioni riguardo alle indagini condotte dal consulente proprio nel corso della sospensione.

Le nuove e controverse disposizioni introdotte dal decreto legge Giustizia non si limitano a regolamentare i procedimenti futuri, ma influenzano in modo diretto anche un’ampia gamma di cause già in corso.
La norma, infatti, si applica a tutte le controversie ancora pendenti al 9 agosto 2025, a condizione che entro tale data il giudice non abbia formalmente attribuito l’incarico al consulente tecnico d’ufficio (CTU).
Di conseguenza, numerosi cittadini e legali si troveranno ad affrontare il nuovo e complesso meccanismo di sospensione senza alcuna possibilità di prepararsi adeguatamente.

La riforma prende forma sotto la forte spinta delle rigide scadenze stabilite dal PNRR per accelerare i tempi della giustizia civile. È chiaro l’obiettivo del legislatore di uniformare i tempi dei procedimenti, limitando la discrezionalità del giudice attraverso una sequenza rigida e standardizzata delle varie fasi processuali.
Tuttavia, le numerose criticità emerse e i dubbi sollevati dagli operatori del settore evidenziano la necessità di un intervento correttivo. Si auspica che, nel corso dell’iter parlamentare per la conversione del decreto in legge, il testo venga revisionato e migliorato al fine di risolvere le ambiguità esistenti e chiarire meglio l’applicazione di una norma che ha un impatto significativo sui diritti fondamentali delle persone più vulnerabili.

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