Ammissibilità dell’impugnazione – Verbale unico di accertamento e notificazione
Si discute ormai da anni sulla ammissibilità dell’impugnazione giudiziale avverso il verbale unico di accertamento e notificazione, emesso e notificato dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro.
Si segnalano infatti numerose pronunce che depongono in senso negativo, ciò sulla scorta della pretesa carenza di un concreto interesse ad agire, con la conseguenza che non sarebbe consentito un giudizio di accertamento negativo anticipato dovendo il cittadino, a contrario, attendere l’emissione della successiva ordinanza ingiunzione.
Tuttavia, veniva sottoposta all’attenzione dello Studio Legale Redivo una casistica peculiare:
l’Ispettorato Territoriale del Lavoro infatti aveva eseguito, nei confronti di un proprio assistito, una ispezione sul posto di lavoro e, all’interno del medesimo accertamento, aveva irrogato sanzioni da lavoro irregolare ed al contempo disconosciuto la natura di risarcimento del danno di somme versate in favore di una lavoratrice in sede conciliativa e per l’effetto aveva sottoposto le medesime a “contribuzione”, con ogni conseguenza sanzionatoria. Dunque, entrambe le distinte contestazioni confluivano nell’unico e medesimo verbale amministrativo notificato al datore di lavoro.
Si procedeva dunque ad impugnazione giudiziale del Verbale Unico di accertamento e notificazione, per la sola componente contributiva, contestando il suddetto disconoscimento operato dagli Ispettori. Il Magistrato del Lavoro presso il Tribunale civile di Cassino rilevava d’ufficio la questione preliminare della inammissibilità dell’impugnazione, concedendo termini per il deposito di note illustrative.
Ebbene, evidenziava il difensore nominato quanto segue:
Giova preliminarmente evidenziare come la ultima riforma normativa ha istituito, per la declarata volontà di semplificazione amm.va della fase di accertamento lavoristico, il Verbale unico di accertamento e notificazione, ampliando in favore dell’Ispettorato territoriale del Lavoro i poteri del predetto nella fase di accertamento altresì in materia di “contribuzione” e/o disconoscimento di rapporti di lavoro. Nella antecedente prassi amministrativa, caratterizzata dalla frammentazione delle operazioni e dalle competenze interne distinte ed autonome, sussisteva invece una attività delegata all’Ispettorato territoriale del lavoro limitatamente a questioni sanzionatorie e di sicurezza sul lavoro; a contrario, eventuali profili di rilevanza contributiva venivano attribuiti, dall’accertamento alla irrogazione delle contestazioni, ai funzionari INPS secondo riparto amministrativo interno che confluiva in un ”verbale di accertamento ispettivo”, autonomamente impugnabile.
Ebbene, la ampia Giurisprudenza richiamata dal Magistrato adito sulla carenza di interesse ad impugnare, ad avviso di questo difensore, riguardava il verbale unico di accertamento nella sola prima componente sopra indicata ed originariamente delegata all’Ispettorato Territoriale, quando, ante riforma, l’accertamento suddetto non conteneva “ingerenze” contributive di spettanza specifica dell’INPS e che confluivano in altra e distinta tipologia di “atto impugnabile”.
In particolare, si precisava che: L’atto di accertamento amministrativo relativo a contributi o premi non versati, è un provvedimento amministrativo a tutti gli effetti, che pertanto deve essere motivato in modo adeguato a consentire al destinatario dell’atto di ricostruire esattamente l’iter logico seguito dall’ente previdenziale al fine di garantirgli l’esercizio del proprio diritto di difesa, anche nella eventuale fase di immediata impugnazione dell’atto di cui all’art. 24, comma 3, d.lgs. n. 46 del 1999, essendo irrilevante – ai suddetti fini – che si tratti di una impugnativa facoltativa .
Corollario di siffatte statuizioni è che il verbale unico di accertamento e notificazione, nei casi in cui racchiuda in sé sia accertamenti sanzionatori che accertamenti contributivi ( con ogni quantificazione dipendente ), riveste natura “ibrida” di atto non impugnabile per la componente sanzionatoria e di atto impugnabile per la sola componente contributiva, in quanto unisce ed incorpora altresì i profili sostanziali di un “verbale di accertamento ispettivo”.
Dunque, la parte inerente al recupero degli oneri contributivi e assicurativi, può essere impugnata in sede giurisdizionale, in via diretta, nelle forme dell’azione di accertamento negativo. Diversamente la sezione del verbale relativa alle sanzioni amministrative potrà essere aggredita dal destinatario solo in sede amministrativa, proponendo scritti difensivi o ricorso al Comitato ex art. 17 D.lgs. n. 124/04, essendo ammesso il rimedio giurisdizionale solo nei confronti della successiva ordinanza ingiunzione.
In altri termini, avendo l’ispettorato deciso di accertare e quantificare altresì i recuperi previdenziali conseguenti al disconoscimento delle somme dedotte nel verbale di conciliazione sindacale contestato, tale atto riveste la funzione non solo di atto autonomamente impugnabile bensì anche di atto suscettibile di definitività dell’accertamento contributivo, con la conseguenza che ben potrebbe nel prosieguo l’INPS cartellizzare direttamente il debito contributivo, eccependo la mancata impugnazione del verbale di accertamento presupposto ormai divenuto definitivo, con inibizione successiva delle contestazioni di merito.
Il Tribunale civile di Cassino, con provvedimento del 20/06/2021, aderiva alle argomentate difese, evidenziando che:
rilevato che l’accertamento amministrativo alla base di tale pretesa, compiuto dagli Ispettori e confluito nel verbale, ha carattere di autonomia rispetto all’accertamento compiuto in funzione della irrogazione delle sanzioni amministrativa per il rapporto di lavoro non regolarizzato, in quanto, pur in presenza di una comune radice degli accertamenti ispettivi, le diverse pretese fondano non sul relativo verbale inteso come atto, ma sui fatti costitutivi previsti dalla legge per l’esercizio, da un lato, del diritto alla riscossione dei contributi e dall’altro all’applicazione di determinate sanzioni (Cass. civ. n. 23045/2018; n. 11639/2020);
considerato che sussiste l’ammissibilità di un’azione proposta direttamente avverso l’atto di accertamento amministrativo, in conformità ai principi generali che regolano l’interesse ad agire, i quali ammettono un’azione di accertamento negativo contro un atto della P.A. da cui derivano, in base al principio di legalità, indefettibili conseguenze sanzionatorie. II giudizio di ammissibilità dell’azione di accertamento negativo deve essere condotto, dunque, utilizzando come parametro l’interesse ad agire, come disciplinato dall’art. 100 c.p.c., che costituisce una condizione dell’azione. Sulla base di tale parametro, l’azione di accertamento deve essere ritenuta ammissibile ogni qual volta la stessa sia idonea ad eliminare una situazione di obiettiva incertezza, che sia a sua volta fonte di un pregiudizio concreto ed attuale per l’attore”) sia in quanto l’Istituto potrebbe eccepire l’inoppugnabilità del relativo accertamento per mancata tempestiva contestazione ed è significativo in tal senso che nella memoria di costituzione l’INPS eccepisca la violazione del termine di cui all’art. 24 del d.lgs. n. 46/1999, considerando in tal modo la sezione contributiva del verbale alla stregua di un vero e proprio atto di accertamento contributivo che cristallizza la pretesa dell’Ente”;
ritenuto, pertanto, che sussiste l’interesse ad agire del ricorrente in merito all’azione di accertamento negativo della pretesa contributiva dell’INPS;
dichiara ammissibile l’impugnazione dell’accertamento contributivo di cui al Verbale di accertamento e notificazione.
Pertanto, specie alla luce delle ultime evoluzioni e riforme normative sul riparto di competenze ed attività tra Ispettorato Territoriale ed INPS, si segnala tale rilevante pronuncia che conferma l’impugnabilità del Verbale Unico di Accertamento e Notificazione, quale atto ibrido, nella parte in cui rivesta rilevanza contributiva e non meramente sanzionatoria.