CORTE D’APPELLO DI NAPOLI
Sentenza n. 2321/2023 del 16-06-2023
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI sezione controversie di lavoro e di previdenza ed assistenza composta dai magistrati: dott. ### dott. ### rel. dott. ### riunita in camera di consiglio ha pronunciato in grado di appello all’udienza del 6/6/2023 la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n.3494 del Ruolo Generale del lavoro dell’anno 2021 TRA ### s.r.l., in persona del ### del Consiglio di ### e legale rappresentante dott. ### rappresentato e difeso dagli avv.ti ### e ### con i quali è elettivamente domiciliato presso lo studio degli stessi in Napoli, ### APPELLANTE E ### rappresentato e difeso dagli avv.ti ### ed ### con i quali è elettivamente domiciliato all’indirizzo di posta elettronica certificata ### APPELLATO SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso depositato il ###, la società in epigrafe ha proposto appello avverso la sentenza n.1195/2021, pubblicata in data ###, del Tribunale di Benevento, in funzione di giudice del lavoro, con la quale era stata condannata al pagamento in favore dell’ex dipendente ### di ### a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza della non tempestiva comunicazione dei turni di servizio. ###, con plurime argomentazioni, ha censurato la decisione; in particolare ha dedotto che erroneamente il Giudice di primo grado aveva ritenuto che i turni di lavoro erano stati comunicati dalla ### senza congruo preavviso; non aveva tenuto conto che la modalità di comunicazione dei turni di lavoro approntata dalla ### trovava la propria giustificazione nell’indispensabile elasticità dell’organizzazione per esigenze di sicurezza; non aveva valutato le peculiarità del settore vigilanza privata; aveva ritenuto, sulla scorta di generici parametri individuati da imprecisati contratti integrativi, congruo condannare la ### a comunicare la turnazione ai dipendenti con cadenza quindicinale; non aveva tenuto conto del fatto che la ### comunicava le turnazioni due volte la settimana e che i lavoratori erano di regola stati adibiti alle stesse postazioni e con le medesime turnazioni (prevalentemente servizi bancari).
In ogni caso il dedotto danno esistenziale non era stato minimamente allegato e provato e non poteva essere ritenuto in re ipsa e liquidato in via equitativa.
Ha concluso, quindi, per la riforma dell’impugnata sentenza con il rigetto anche della domanda risarcitoria di primo grado. ###, regolarmente costituitosi, ha eccepito l’infondatezza del gravame chiedendone il rigetto.
MOTIVI DELLA DECISIONE
### è fondato e pertanto va accolto.
Per quanto di interesse in questa fase del gravame, l’odierno appellato, che è stato dipendente del ### s.r.l. in qualità di guardia giurata nel periodo dal novembre 2012 al gennaio 2018, ha lamentato l’illegittimità del comportamento datoriale a causa della comunicazione dei turni senza adeguato preavviso, situazione questa che aveva determinato un disagio nella gestione della sua vita di relazione e familiare, di qui il diritto al risarcimento del danno alla persona cagionato dalla illegittima compressione del tempo libero, da ricondursi alla categoria del danno esistenziale.
Orbene, che i turni di servizio delle guardie giurate venissero portati a conoscenza dei dipendenti ed anche del ### che era addetto alla centrale operativa, secondo le modalità descritte dallo stesso, ossia il martedì venivano comunicati i turni dal mercoledì al venerdì ed il venerdì quelli del sabato, domenica, lunedì e martedì, è emerso dall’istruttoria svolta in primo grado e comunque trattasi di circostanza riconosciuta dalla stessa azienda, che la giustifica in considerazione del tipo di attività svolta ed evidenzia che solo per due giorni a settimana (ossia il mercoledì e il sabato) la comunicazione poteva ritenersi non congrua, non sussistendo alcun obbligo legale o di altro tipo di comunicare i turni con un preavviso di 15 giorni. …”
“… Il primo giudice ha affermato che, pur non essendovi un termine rigido dell’obbligo di comunicare preventivamente l’orario di lavoro, tenuto conto della natura del rapporto ed utilizzando come parametro i contratti integrativi di settore, doveva ritenersi congruo, salvo eccezionali ragioni di urgenza, per la comunicazione dei turni di lavoro, un preavviso di 15 giorni, nel caso concreto non rispettato.
Dall’accertato inadempimento, nei termini suindicati, ha conseguentemente fatto discendere il diritto del lavoratore al risarcimento del danno non patrimoniale – come dedotto in ricorso – per non aver potuto programmare il proprio tempo libero, con pregiudizio alla vita familiare, relazionale e sociale e, più in generale, agli interessi ed alle attività inerenti alla sfera extra lavorativa.
Tale danno è stato liquidato in via presuntiva nell’importo di ### avuto riguardo al periodo di tempo interessato ed alle modalità di comunicazione dei turni. …”
“… La conclusione cui è pervenuto il Tribunale non è condivisa da questo collegio che reputa fondata la censura della società appellante avverso la statuizione di condanna al risarcimento del danno non patrimoniale, riconosciuto in via del tutto presuntiva, in assenza di qualsivoglia allegazione e prova concreta dello stesso, sul presupposto, neppure condivisibile, che i turni dovessero essere comunicati con un preavviso di almeno 15 giorni.
Ed invero, premesso che spetta all’imprenditore l’organizzazione dei turni di servizio dei propri dipendenti e la loro tempestiva comunicazione, in modo che sia, ad un tempo, conforme alle norme imperative di legge, rispettosa dei diritti dei lavoratori e satisfattiva delle esigenze aziendali, non può non rilevarsi come il termine di 15 giorni per il preavviso dei turni non trovi alcun aggancio normativo o contrattuale nel caso concreto.
A tal proposito è utile riportare quanto osservato dalla Suprema Corte in una fattispecie per molti versi analoga a quella in esame, in cui i dipendenti di una azienda di trasporti si dolevano della non congrua comunicazione dei turni di servizio e chiedevano il risarcimento dei danni alla vita di relazione per la illegittima compressione e limitazione del loro tempo libero (cfr n.2019/###, che ha cassato la sentenza che aveva riconosciuto ad alcuni lavoratori a tempo pieno il risarcimento del danno non patrimoniale determinato dalla comunicazione dei turni di servizio con un preavviso inferiore alle 48 ore, sulla base di quanto previsto per il lavoro part-time). …”
“… Si legge nella citata sentenza quanto segue: “Invero, l’analogia posta tra la prestazione di lavoro a tempo parziale e quello a tempo pieno non è stata ritenuta accreditabile in alcune pronunce di questa Corte (v. Cass. n. 4502 del 1993 e 23552 del 2004). ### tale orientamento, qui condiviso e ribadito, in tema di orario di lavoro, i limiti allo ius variandi dell’imprenditore nei contratti di lavoro part-time – nei quali la programmabilità del tempo libero (eventualmente in funzione dello svolgimento di un’ulteriore attività lavorativa) assume carattere essenziale e giustifica l’immodificabilità dell’orario da parte datoriale – non sono estensibili al contratto di lavoro a tempo pieno, nel quale un’eguale tutela del tempo libero del lavoratore si tradurrebbe nella negazione del diritto dell’imprenditore di organizzare l’attività lavorativa, diritto che può subire limiti solo in dipendenza di accordi che lo vincolino o lo condizionino a particolare procedure (Cass. 16 aprile 1993 n. 4507). 6.2. Sotto questo profilo, è fondata la critica formulata dalla società ricorrente alla decisione impugnata, laddove contesta l’analogia posta dalla Corte territoriale a fondamento della estensione ai lavoratori a tempo pieno della regola dettata dal legislatore per i lavoratori part-time. 7. Il D.Lgs. n. 66 del 2003, non ha introdotto elementi di novità in tema di potere datoriale di determinare o di variare unilateralmente la collocazione e coordinamento temporale della prestazione lavorativa, che tuttavia non può essere totalmente discrezionale, dovendo pur sempre conformarsi al principio di buona fede e correttezza, oltre che al rispetto dei canoni costituzionali, sebbene non sussista in linea generale un diritto soggettivo del dipendente alla stabilità dell’orario di lavoro. 8. In dottrina si è osservato che il lavoratore a tempo pieno, a differenza di quello a tempo parziale, percepisce un trattamento retributivo che per definizione dovrebbe porlo in condizione di soddisfare le proprie esigenze personali e familiari senza dovere ricercare altre occasioni di guadagno o dover usufruire di spazi temporali liberi dal lavoro per svolgere quelle attività di cura o di lavoro domestico che la ridotta retribuzione non gli consentono di acquisire pagando i relativi servizi. Ciò non toglie tuttavia che la possibilità del datore di mutare la dislocazione dell’orario lavorativo del rapporto lavorativo incontra innanzitutto il limite rappresentato da contratti collettivi che lo vincolino a determinate procedure. 9. La sentenza di questa Corte n. 12962 del 2008 richiamata dalla Corte di appello e dai controricorrenti, nel cassare la sentenza impugnata, ha esaminato una fattispecie in cui mancava una norma che specificasse il tempo necessario per una adeguata conoscenza preventiva e ha ritenuto non adeguata una comunicazione dell’inizio del turno lavorativo avvenuta soltanto il giorno precedente. Nel caso in esame, una regola è stata introdotta dal contratto collettivo aziendale del 1 dicembre 2014. …”
“… Diversamente da quanto implicitamente ritenuto dalla Corte di appello di Torino, deve escludersi la nullità della clausola del contratto collettivo aziendale approvato a maggioranza dei lavoratori, ai sensi D.L. n. 138 del 2011, art. 8, comma 3, convertito, con modificazioni, in L. n. 148 del 2011, che ha articolato il preavviso mediante un coordinamento delle esigenze aziendali con quelle dei dipendenti, riconoscendo un preavviso di 48 ore per quattro giorni alla settimana. Tale previsione non contrasta con alcuna norma inderogabile, nè con parametri costituzionali, in quanto articola le comunicazioni dei turni in modo da consentire comunque al lavoratore una programmazione e un’organizzazione periodica del tempo libero nell’arco della settimana. 11. Per quanto attiene al periodo anteriore all’accordo aziendale, la sentenza impugnata si fonda sulla considerazione che la disciplina unilaterale del datore di lavoro comprimeva eccessivamente la possibilità di organizzazione, pianificazione e programmazione dei tempi di vita del lavoratore. Sostanzialmente ha ritenuto che se è evidentemente consentito al datore di lavoro, in relazione a sue specifiche esigenze, organizzare l’attività in turni di servizio, ciò nonostante, pur in assenza di disposizioni specifiche di legge o di contratto, questi devono essere portati a conoscenza dei lavoratori con un ragionevole anticipo così da consentire loro una programmazione del tempo di vita. 11.1. Tuttavia, il parametro assunto dalla Corte di appello a riferimento per ritenere la violazione di un preavviso ragionevole, ossia il parametro normativo previsto per il rapporto di lavoro parttime, non è utilizzabile, per tutte le ragioni sopra illustrate. Ne consegue che anche su tale capo la sentenza va cassata, in quanto la ritenuta violazione si fonda su un criterio inidoneo a sostenerla.” A questo punto va richiamata anche la sentenza n. 21562 del 03/09/2018 nella quale la Suprema Corte ha osservato che non è possibile trarre una regola rigida dall’applicazione dei principi di buona fede e correttezza nell’esecuzione del rapporto (ad esempio, necessità di comunicare i turni con 15 giorni di anticipo), non potendosi escludere che alla particolare connotazione dell’attività consegua una necessità di adattare i turni lavorativi con un certo grado di elasticità. …”
“… Ha precisato quindi la Cassazione che “la verifica in concreto della violazione di tali doveri di correttezza è rimessa all’apprezzamento del giudice di merito che vi provvede sulla base delle allegazioni delle parti” e che grava sul lavoratore che lamenti l’inadeguatezza della comunicazione dei turni, allegare e dimostrare non solo l’intempestività della stessa, ma anche “la concreta incidenza di tale condotta” con le specifiche ricadute patrimoniali ed extrapatrimoniali utili ai fini della liquidazione del risarcimento del danno.
Orbene, applicando i predetti condivisi principi alla fattispecie concreta, in cui non esiste, come già evidenziato dal primo giudice, una specifica normativa di legge o contrattuale che stabilisca il termine di preavviso per la comunicazione dei turni, non può assolutamente ritenersi che i turni andassero comunicati con un preavviso di almeno 15 giorni, come sostenuto dal Tribunale; nel caso concreto, peraltro, eccetto per due giornate, per il resto della settimana i turni venivano comunicati con un preavviso pari o superiore alle 48 ore, sicchè non appare ravvisabile, avuto riguardo al rapporto a tempo pieno intercorso tra le parti ed alla durata del turno di 7 ore giornaliere (con un giorno di riposo mobile ogni cinque giorni consecutivi), una impossibilità o notevole difficoltà di organizzare il proprio tempo libero, la vita familiare e le relazioni sociali. …”
“… Tutto quanto finora detto porta all’accoglimento dell’appello che verte sostanzialmente sul riconosciuto risarcimento del danno, di cui non vi è alcuna concreta allegazione e prova, essendo stato affermato in maniera del tutto apodittica come una conseguenza ineludibile della non adeguata comunicazione, sotto il profilo del preavviso, dei turni di servizio, senza alcun riferimento ad episodi concreti da cui evincere l’effettiva lesione della vita di relazione a causa dei turni assegnati, anche perchè manca ogni riferimento alla loro continua variazione (esclusa dalla società), a come si articolava nell’arco settimanale il tempo di lavoro e di riposo, alle effettive postazioni di lavoro, tutte circostanze che dovevano essere specificate al fine di dimostrare che non era stato consentito un congruo godimento del tempo libero dal lavoro e cagionato un danno concreto ed effettivo alle vita extralavorativa.
Le generiche deduzioni operate dall’odierno appellato, così come le risultanze istruttorie, sono del tutto inidonee a confermare la sussistenza di danni risarcibili.
Ed invero, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte (cfr Cass. n.21103/2013), la liquidazione dei danni non patrimoniali non può prescindere dalla prova del danno e del relativo nesso causale con l’asserito inadempimento, mentre non si può procedere a una liquidazione equitativa, ritenendo il danno in re ipsa, sicché, in mancanza dell’allegazione e della prova rigorosa dei fatti specifici generatori del dedotto danno, la domanda doveva essere disattesa. …”
“… In conclusione, per le suesposte ed assorbenti considerazioni, la sentenza impugnata va parzialmente riformata dovendosi rigettare anche la domanda volta al risarcimento del danno alla vita di relazione oggetto del presente gravame.
Le spese di lite del grado vanno compensate per intero, tenuto conto del diverso esito del giudizio, delle oscillazioni giurisprudenziali di merito e della particolarità della questione esaminata.
P.Q.M.
La Corte così provvede: Accoglie l’appello e per l’effetto, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, rigetta anche la domanda di primo grado volta al risarcimento del danno.
Compensa le spese del grado.