A partire dal 2025, le stazioni appaltanti devono indicare nei documenti di gara il contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato tenendo conto dell’attività anche prevalente svolta dall’impresa e oggetto di appalto. Se alcune prestazioni, che non eccedano il 30% dell’appalto, si riferiscono ad attività scorporabili e in ogni caso secondarie o accessorie, la stazione appaltante può anche individuare un diverso e ulteriore contratto collettivo nazionale di lavoro. Sono queste alcune delle numerose novità in materia di lavoro contenute nel decreto legislativo correttivo del codice appalti 209/2024, pubblicato sulla gazzetta ufficiale del 31 dicembre 2024 ed entrato in vigore lo stesso giorno. Sul tema del contratto collettivo applicabile ai dipendenti impiegati nell’appalto ci sono modifiche molto articolate di non facile lettura e interpretazione, che si prestano a un inevitabile e rilevante contenzioso. Peraltro, per alcune disposizioni le stazioni appaltanti avranno moltissime difficoltà ad applicare le nuove norme. Ma andiamo con ordine e analizziamo il testo dell’articolo 11 del codice alla luce delle modifiche previste dall’articolo 2 del decreto correttivo 209/2024, in vigore dal 2025. Nel testo ci sono una conferma e sostanzialmente due novità. La conferma riguarda il comma 1 dell’articolo 11, in base al quale al personale impiegato nell’appalto si applica il ccnl comparativamente più rappresentativo in vigore nel settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro. Il ccnl, tuttavia, deve avere un ambito di applicazione «strettamente connesso» con l’attività oggetto dell’appalto. La prima novità riguarda il comma 2, che amplia il perimetro degli atti di gara nei quali le stazioni appaltanti devono indicare il ccnl di riferimento anche utilizzando il criterio dell’attività prevalente. Inoltre, tale individuazione deve avvenire non più solo nel rispetto del comma 1 ma anche nel rispetto delle disposizioni contenute nell’allegato I.01 di nuova introduzione. La seconda novità riguarda il nuovo comma 2bis, che consente, nel medesimo appalto, di individuare un diverso e ulteriore ccnl in presenza congiunta di quattro condizioni: a) le attività da svolgere siano scorporabili, secondarie e accessorie; b) le attività devono essere differenti da quelle prevalenti oggetto di appalto; c) le attività non devono superare una soglia del 30%; d) le attività scorporabili devono rappresentare una categoria omogenea di prestazioni. Il comma 2bis, vale a dire la possibilità di individuare un distinto ccnl per attività accessorie, rischia di essere nella pratica inapplicabile da qualunque stazione appaltante. L’inapplicabilità deriva dalle numerose condizioni ampiamente di natura valutativa che lasciano spazio a molta fantasia e al conseguente contenzioso. Infatti, la stessa qualificazione delle lavorazioni secondarie e accessorie sembra confliggere con la soglia del 30%, che non ha nulla di accessorio. Oppure che la stazione appaltante debba inventarsi un metodo di misurazione delle attività (perché la legge nulla dispone) al fine di calcolare la soglia del 30 per cento. Questi sono solo due esempi della vaghezza del comma 2bis, all’interno del quale ogni interpretazione sembra possibile (compreso il contenzioso). Sulla stessa linea si inserisce la norma che introduce la condizione secondo cui le attività secondarie e accessorie debbono rappresentare una categoria omogenea di prestazioni, omettendo completamente di indicare a quale definizione di categoria la stazione appaltante debba fare riferimento.
Appalti, scelta del ccnl legata all’attività d’impresa
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