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Analisi e criticità: Assunzioni di disabili ex legge 68/99, segnalazioni da parte di enti pubblici, intervento della Comunità Europea e criticità del sistema concorsuale

Analisi e criticità: Assunzioni di disabili ex legge 68/99, segnalazioni da parte di enti pubblici, intervento della Comunità Europea e criticità del sistema concorsuale

La legge n. 68/1999, recante “Norme per il diritto al lavoro dei disabili“, rappresenta uno strumento fondamentale per l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità nel settore pubblico e privato. Ai sensi dell’art. 3, comma 1, della medesima legge, le pubbliche amministrazioni sono tenute ad assumere una quota minima di lavoratori disabili proporzionale alla dimensione organizzativa: 1 disabile ogni 15 dipendenti. Nonostante l’obbligo sia in vigore da oltre due decenni, numerose criticità persistono nell’applicazione delle norme, soprattutto in merito alle procedure concorsuali e alle modalità di assunzione.

Ai sensi dell’art. 18 della legge 68/99, i disabili iscritti al “collocamento mirato” (registro gestito dai Centri per l’Impiego) hanno diritto a essere prioritariamente considerati per le assunzioni obbligatorie. La normativa non esclude che gli enti pubblici possano effettuare segnalazioni o raccomandazioni per l’inserimento di candidati disabili, purché tali atti siano trasparenti e non configurino favoritismi o clientelismo.

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con sentenza del 17 luglio 2008 (causa C-299/05), ha chiarito che le misure positive a favore delle persone con disabilità non violano il principio di parità di trattamento, purché siano proporzionate e motivate da esigenze di inclusione sociale. Analogamente, la Direttiva 2000/78/CE istituisce un quadro generale per la lotta alla discriminazione, riconoscendo agli Stati membri la facoltà di adottare “misure specifiche dirette a prevenire o compensare svantaggi legati a disabilità“.

Pertanto, la segnalazione di un disabile da parte di un ente pubblico non costituisce reato, ma rientra nella legittima applicazione di politiche attive di inclusione, purché non si configurino abusi o conflitti d’interesse.

Una questione ancora poco dibattuta riguarda il requisito del 74% di invalidità per l’ammissione ai concorsi riservati ai disabili. L’art. 20 della legge 68/99 prevede che i concorsi pubblici riservino un posto per i candidati con invalidità pari o superiore al 74%, ma non specifica che questa percentuale debba essere valutata in relazione alla capacità lavorativa residua. Ciò genera un vizio strutturale: molti candidati, pur avendo una percentuale inferiore, possiedono una capacità lavorativa equivalente, ma vengono esclusi automaticamente.

Inoltre, il meccanismo delle quote (1 disabile ogni 15 dipendenti) si traduce spesso in assunzioni formali, senza un’adeguata analisi delle competenze individuali. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 131/2021, ha sottolineato che le riserve di posto devono garantire “l’effettivo accesso al lavoro, non mero adempimento formale“. Tuttavia, nessun giudice o ente pubblico ha finora sollevato la questione di legittimità costituzionale in merito alla rigidità del 74%, nonostante la critica diffusa tra gli esperti.

Il sistema attuale presenta diverse criticità che necessitano di una revisione strutturale per garantire un’effettiva inclusione lavorativa delle persone con disabilità. Tra i principali problemi, si evidenziano tre questioni principali. In primo luogo, le assunzioni obbligatorie spesso si riducono a un adempimento formale delle quote previste (1 ogni 15), mettendo in secondo piano la qualità reale dell’inserimento lavorativo. In secondo luogo, i concorsi riservati presentano una soglia del 74% di invalidità che è stata criticata per risultare discriminatoria nei confronti di persone con minori percentuali ma capacità equivalenti. Infine, emerge una grave mancanza di controlli: nessun ente ha mai affrontato il problema dei vizi concorsuali, perpetuando un sistema che continua a penalizzare molte persone. 

In questo contesto, la Comunità Europea, attraverso la Strategia per i Diritti delle Persone con Disabilità 2021-2030, esorta gli Stati membri a rimuovere le barriere strutturali presenti nei concorsi pubblici e a promuovere criteri di valutazione incentrati sulle competenze effettive, spingendo verso un sistema più equo e inclusivo.

La legge 68/99 rappresenta un pilastro importante per l’inclusione lavorativa, ma necessita di un aggiornamento per superare le rigidità procedurali e garantire una reale parità di opportunità. Tra le proposte di intervento emerge la necessità di rivedere la soglia del 74%, implementando una valutazione medico-legale su base personalizzata, più equa e attenta alle singole condizioni. Inoltre, si suggerisce l’introduzione di percorsi concorsuali specifici basati su titoli e colloqui mirati, che evitino automatismi e favoriscano una selezione più meritocratica. Un altro punto fondamentale riguarda il monitoraggio delle pratiche di assunzione pubblica, in linea con quanto previsto dalla Strategia UE 2021-2030, per armonizzare le iniziative a livello europeo. Tuttavia, fino a quando queste criticità non verranno affrontate, il diritto al lavoro per le persone con disabilità rimarrà limitato da un sistema che, sebbene propositivo nelle intenzioni, presenta ancora significative lacune strutturali.

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